Uno sguardo psico-sociale sul terrorismo

Come sostenuto da Silke (2003), il coinvolgimento in azioni violente non può che essere interpretato come il risultato di interdipendenze tra una pluralità di fattori che sollecitano l’avvio di un processo che culmina nell’estremismo violento. Ciò non implica il fatto che le condizioni ambientali o i tratti di personalità siano elementi irrilevanti, ma considerarli come le uniche cause che contribuiscono al fenomeno significa operare una distorsione sulla realtà che non aiuta a smascherare l’itinerario terrorista (Bjørgo, 2004).

Sulla base di tali riflessioni, gli studi in merito hanno adottato uno sguardo più ampio dedicandosi all’esplorazione dei fattori che possono contribuire all’adesione a gruppi terroristici, tra i quali, il senso di deprivazione relativa, la salienza della mortalità, la ricerca di sensazioni forti e gli stili cognitivi (Kruglanski & Fishman, 2006; Kruglanski & Orehek, 2011).

Un ulteriore ambito di studi ha approfondito il terrorismo in relazione alle motivazioni di coloro che scelgono di aderirne. Alcuni lavori hanno sottolineato il ruolo della ricerca di un sostegno emotivo e sociale (Sageman, 2004), mentre altri, hanno analizzato il contributo dei traumi personali (Spekhard & Akhmedova, 2005) o, ancora, della necessità di resistere all’occupazione straniera (Pape, 2005). In alcuni casi, è stata focalizzata l’attenzione su una singola motivazione, mentre in altri, se ne è approfondito un insieme composto, ad esempio, dalla difesa del proprio onore, dalla vendetta, dalla dedizione al leader (Bloom, 2005), dall’obbligo e dal dovere sociale (Gambetta, 2005).

Un apporto utile all’ampliamento della prospettiva sopra delineata, proviene dagli studi che hanno analizzato una motivazione che sembra essere sovra-ordinata a tutte le altre: la ricerca di significato (Kruglanski, Bélanger, Gelfand, Gunaratna, Hettiarachchi, & Sharvit, 2013). Secondo Kruglanski e collaboratori (2013), essa si configura come una delle più influenti forze che motivano l’azione e può essere definita come il desiderio di essere rispettati, di essere qualcuno (Kruglanski, Chen, Dechense, Fishman, & Orehek, 2009), di agire in linea con gli standard normativi della realtà sociale di cui si fa parte (Neuhouser, 2008), oppure di compiere un sacrificio personale per una causa collettiva ottenendo l’ammirazione degli altri (Kruglanski et al., 2013).

Nell’ambito del terrorismo, la ricerca di significato può essere sollecitata da almeno tre aspetti che riguardano, rispettivamente, la sensazione di perdita o di minaccia nei confronti della stessa, così come l’opportunità di guadagnarla. La perdita di significato può emergere a causa di un fallimento oppure come conseguenza di una situazione di umiliazione. Ne sono un esempio i dati emersi dagli studi condotti con i migranti musulmani che decidono di partire alla volta dell’Europa (Kruglanski, Crenshaw, Post, & Victoroff, 2007), oppure dalle storie delle vedove cecene svilite dalle forze russe (Speckhard & Akmhmedova, 2005). Uno studio condotto da Ohnuki-Tierney (2006), analizzando le lettere e i diari personali dei kamikaze giapponesi, ha messo in luce che la ricerca del significato può essere innescata da situazioni in cui essa viene minacciata dalla scelta di non essere coinvolti nel terrorismo e, dunque, dalla volontà di non aderire alle pressioni normative tipiche del contesto al quale si appartiene.

Ulteriori circostanze che la possono rendere saliente, sono quelle nell’ambito delle quali si intravede l’opportunità di guadagnarla. In particolare, è stato messo in evidenza che in condizioni di elevata vulnerabilità alcuni individui scelgono la via della radicalizzazione in quanto la considerano un mezzo utile per ottenere una rivalsa rispetto alla vita sociale avvilente che hanno la sensazione di condurre e acquisire lo status di eroe (Dugas & Kruglanski, 2014; Kruglanksi et al., 2013). La ricerca del significato, così come tutte le altre motivazioni e i fattori sopra citati, può aiutare a comprendere che il terrorismo non può essere considerato come un itinerario lineare ma, piuttosto, come un sistema di intrecci in cui ogni aspetto che lo caratterizza è inevitabilmente legato ad altri talvolta più complessi del precedente. Ciò è determinato dal fatto che, come sottolineato da Kruglanski e collaboratori (2014), nel terrorismo gli aspetti in gioco non afferiscono solo alla sfera individuale, ma anche alle specificità del gruppo di cui le persone desiderano far parte e delle ideologie corrispondenti.

 

Il ruolo del gruppo e dell’ideologia nell’adesione e nell’impegno terroristico

Il coinvolgimento in movimenti così violenti non può essere compreso se non attraverso un’analisi del ruolo che svolge il contesto gruppale. Il gruppo assume una rilevanza centrale in quanto ha la funzione di sostenere molti degli aspetti tipici della traiettoria terrorista, dall’avvicinamento ad esso, al reclutamento fino alla realizzazione degli attacchi. Gli esseri umani sono profondamente motivati a mantenere relazioni positive con gli altri (Baumeister & Leavy, 1995) e la sensazione di essere esclusi incide negativamente su di loro determinando stress, ansia, diminuzione dell’autostima e distorsione delle credenze rispetto alla possibilità di condurre un’esistenza dotata di significato (Gonsalkorale & Williams, 2007).

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