Solo a Sanremo? Disparità di genere nel settore culturale e creativo
Perché queste disparità?
Le ragioni sono in parte storiche. Anche in passato, occuparsi d’arte e cultura professionalmente era un compito perlopiù maschile. Ma non solo. Ci sono una serie di barriere che tuttora le donne incontrano nell’accedere a questo mondo, nell’acquisire visibilità e posizioni dirigenziali. Facendo riferimento alla ricerca psicosociale, verranno qui discusse tre di queste barriere: gli stereotipi sui generi e le professioni, il talento come prerequisito del successo e l’ostilità ambientale dovuta alle molestie sessuali e le microaggressioni di genere.
Stereotipi sui generi e sulle professioni. In una prospettiva binaria, la comunalità, tratti quali la sensibilità, le capacità comunicative e che più generalmente denotano un interesse per le relazioni, sono considerati femminili e pertanto appannaggio delle donne (Ellemers, 2018). A caratterizzare il maschile, sarebbe invece l’agenticità che coinvolge tratti e capacità orientate all’azione, come leadership, autonomia e determinazione (Ellemers, 2018). Queste dimensioni possono essere utilizzate anche per definire i ruoli professionali (per una più ampia trattazione su comunalità e agenticità, Abele & Wojciszke, 2019). I ruoli dirigenziali o di leadership sono, ad esempio, intesi come agentici piuttosto che comunali (e.g. Schein, 1973). La sovrapposizione tra stereotipo di genere e definizione del ruolo lavorativo spiega perché alcune professioni siano viste come più maschili e pertanto – a volte anche senza rendersene conto – ritenute come più adatte agli uomini che le donne. Questo fenomeno – che consiste nell’associare automaticamente gli uomini e caratteristiche maschili alla leadership e noto come think manager, think male - è stato identificato come una delle barriere per l’accesso delle donne alle posizioni di leadership nelle organizzazioni (ad es., Eagly & Karau, 2002; Heilman, 2012; Ryan, & al., 2011). Si può ipotizzare che giochi un ruolo anche nella scarsa presenza di donne nelle posizioni dirigenziali nel settore culturale (ad es., direttore di teatro) o di leadership (ad es., regia). Nella sua analisi dell’industria musicale in Italia, Micalizzi (2022; per l’industria culturale UK, Hesmondhalgh, & Baker, 2015) suggerisce che gli stereotipi siano responsabili di dinamiche sia di esclusione (le donne non sono adatte a questo lavoro!) sia di esclusività (questo è un lavoro da donne!). La comunicazione nel mondo della musica è un lavoro considerato adatto alle donne in quanto si può fare da casa e poi richiede “precisione e pazienza”, ovvero caratteristiche parte dello stereotipo delle donne (Paraciani, 2023). Il trucco o i costumi, anche essi lavori a forte prevalenza femminile, richiedono abilità tradizionalmente delle donne. Nel mondo della formazione queste due dinamiche – esclusione ed esclusività – possono agire allo stesso tempo, orientando uomini e donne verso professioni diverse. Come quando nelle scuole e compagnie di danza si indirizzano solo gli uomini verso la coreografia, invitando implicitamente le donne a perseguire nella danza. L’interazione tra stereotipi di genere e quelli relativi al ruolo professionale, come suggerito da Micalizzi (2022), definisce anche le condizioni per essere incluse in professionalità a prevalenza maschile. Come donne si è accettate nella misura in cui si assume una prospettiva maschile e ci si distanzia dal femminile (non sono come le altre donne!). Le interviste di Paraciani (2023) a donne lavoratrici nel mondo della musica offrono alcuni esempi di questo distanziamento, quando ad esempio la tour manager afferma di poter fare questo lavoro perché diretta e non facile da sconvolgere oppure la promoter sottolinea che non puoi avere una famiglia e devi “essere in grado di bere come un uomo”. In conclusione, le donne sono escluse da ruoli di leadership e direzionali perché professioni ritenute “agentiche” e “maschili”, recluse a ruoli che richiedono competenze tradizionalmente femminili, a meno che di non adattarsi e provare a dimostrare con il proprio comportamento di essere una “super donna” che altro non è che una donna che sa agire come un uomo (Paraciani, 2023; Cannizzo & Strong, 2020).
Talento come prerequisito del successo. Un ulteriore elemento che può contribuire alla disparità di genere è attribuire il successo e la riuscita professionale non solo al duro lavoro, ma anche al talento o alla genialità, in altri termini a qualche capacità non acquisibile con il solo impegno. Secondo Muradoglu e colleghi (2023), questa credenza pone un ulteriore ostacolo ai membri di gruppi sociali che si ritiene carenti di alcune capacità. Negli ambiti professionali dove il successo è visto il frutto di talento o genialità, si registra di fatto minor parità di genere e diversità etnica. La ricerca si è in particolare focalizzata sui dottorati negli USA, riscontrando una prevalenza maschile e la credenza diffusa che gli uomini siano più adatti per ambiti che si ritiene richiedano un quid speciale, come la filosofia, la matematica, e la composizione musicale (Leslie et al., 2015; Bian et al., 2018). A nostra conoscenza, non è stata ancora condotta un’indagine sistematica sulle implicazioni di questa concezione nel mondo della produzione culturale. Tuttavia non è difficile vederne le implicazioni. Sebbene l’assenza di prove univoche che attestino una maggiore creatività degli uomini rispetto alle donne (ad es., Hora et al, 2022; Taylor et al., 2023), il concetto di creatività risulta associato a tratti agentici e quindi stereotipicamente maschili (ad es., indipendenza; Proudfoot et al., 2015).
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