Leggo i tuoi pensieri, anche se non dovrei: la teoria della mente implicita

Nel loro studio, Kovács e collaboratori (2010), presentavano ai bambini di 7 mesi una serie di video mentre i loro movimenti oculari e i tempi di fissazione venivano registrati. I video rappresentano il personaggio di un cartone animato che osserva un oggetto e ottiene una certa conoscenza rispetto alla posizione di tale oggetto (per esempio, l'avatar osserva una palla rotolare dietro uno schermo verde) prima di lasciare la scena. Dopo la presentazione del video, i bambini mostravano sorpresa, ovvero guardavano più a lungo lo stimolo, quando gli veniva presentato l'oggetto in una posizione diversa rispetto alla falsa credenza del personaggio del video. Gli autori hanno poi sottoposto un gruppo di adulti allo stesso test. Questa volta i partecipanti erano istruiti ad effettuare una detezione dell'oggetto, ovvero premere un tasto il più velocemente possibile alla comparsa dell'oggetto dietro lo schermo verde alla fine di ogni video. Dopo la presentazione del video, i tempi di risposta dei partecipanti erano più veloci, non soltanto quando i partecipanti stessi si aspettavano che la palla si sarebbe trovata dietro lo schermo verde, ma anche quando soltanto l'avatar (e non il partecipante) credeva che l'oggetto si sarebbe trovato in quella posizione (condizione di falsa credenza). Quello che è importante qui è che nonostante che ai partecipanti non fosse mai richiesto di presentare attenzione o considerare la credenza dell'avatar, quest'ultima aveva un effetto sistematico sulla prestazione del partecipante. Schneider e collaboratori (2011) ottengono un risultato simile misurando i movimenti oculari. Questi autori hanno mostrato che il modo in cui gli adulti esploravano una scena con il loro sguardo, dipende dalle credenze dell'altro presente sulla scena. La cosa interessante è che i partecipanti, alla fine dell'esperimento, non riportavano di essere consapevoli della manipolazione sperimentale.

I risultati ottenuti con questo tipo di ricerche suggeriscono che, durante le nostre interazioni sociali, ci rappresentiamo spontaneamente le false credenze degli altri e tali false credenze influenzano il nostro comportamento. Poiché i partecipanti non sono consapevoli della manipolazione sperimentale, i compiti come quelli sopra descritti sono chiamati compiti di ToM implicita. Diversamente da quanto sostenuto dalla visione tradizionale della ToM, queste scoperte recerti suggeriscono che la ToM è una capacità che non richiede necessariamente l'intervento di funzioni esecutive (di controllo) o l'utilizzo del linguaggio. Inoltre la ToM, almeno nella sua versione implicita, sembra emergere molto prima nel corso dello sviluppo rispetto a quanto si credeva in passato ed essere già presente nel primo anno di vita.

           

La teoria della mente implicita ed esplicita sono la stessa cosa?

Gli studi recenti condotti sulla ToM della mente implicita hanno acceso un dibattito nella comunità scientifica. Molti autori si chiedono se la ToM implicita o spontanea e la ToM esplicita (ovvero il ragionare consapevolmente sulle credenze altrui) siano la stessa cosa. Queste funzioni coinvolgono gli stessi processi cognitivi ed hanno le stesse basi neuro-fisiologiche? Alcuni autori affermano che quello che viene misurato nei compiti di ToM implicita, soprattutto nei bambini piccoli, sarebbe l'effetto di alcune capacità di base, dominio-generali, come l'orientamento dell'attenzione, che ben poco hanno a che vedere con le abilità complesse e specializzate della ToM (Heyes 2014). Alcuni autori hanno proposto invece che la ToM implicita ed esplicita riflettono due sistemi diversi (Apperly & Butterfill, 2009): un sistema di ToM implicita che opera in modo veloce ed efficiente, emerge precocemente nello sviluppo ed opera in assenza di consapevolezza ad un sistema di ToM esplicita che invece si svilupperebbe grazie all'apprendimento, sarebbe più lento e flessibile e richiederebbe più risorse cognitive. Per ultimo, Carruthers (2016) postula l'esistenza di un unico sistema di mentalizzazione che sarebbe in grado di operare sia in maniera automatica sia sotto il controllo delle funzioni esecutive. Per il momento, solo pochi studi hanno affrontato direttamente la questione (e.g., Nijhof et al., 2016; Schneider et al., 2014; Hyde et al., 2015).

 

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