In Difesa della Rabbia: Una necessità evolutiva e la sua applicabilità contemporanea

La rabbia si definisce come un sentimento spiacevole risultante da un evento spiacevole, e quindi non è particolarmente sorprendente che così tante persone la liquidino come un’emozione inutile. Tuttavia, a coloro che la utilizzano, la rabbia porta molti benefici evolutivi come 1) migliorare la propria posizione negoziale, 2) garantire il benessere della società, 3) segnalare agli altri il proprio interesse per il benessere della società, e 4) convincere gli autori a non iniziare gli abstracts con definizioni e concluderli con eccessive generalizzazioni. È grazie a questi benefici che la rabbia continua ad essere una parte tanto inevitabile quanto necessaria della vita.

Mentre molti altri psicologi sono là fuori a contribuire significativamente al settore, io sto qui ad inveire contro i post su internet1. In parte per amore verso la psicologia, e in parte per un bisogno esasperato di giustificare la mia rabbia irrazionale, vorrei discutere l’affermazione di uno di questi post. Questa affermazione, sovrapposta ad una foto molto bella di una supernova2, recita piuttosto consapevolmente “sai troppo di psicologia quando non riesci ad arrabbiarti perché capisci le ragioni di tutti per fare tutto” (Cialdini , 2015). All’apparenza l’affermazione sembra difendibile, nello stesso modo in cui tutti i meme di internet sembrano difendibili. Tutti ricordano momenti in cui hanno smesso di essere arrabbiati dopo aver considerato le ragioni di un’altra persona, e di conseguenza è semplice generalizzare questa verità a tutte le situazioni. Tuttavia, anche ignorando l’effettiva impossibilità per un individuo di essere onnisciente riguardo le basi logiche delle azioni di tutti, credo che questo sia comunque un ragionamento fallace, perché io ritengo che la conoscenza della psicologia possa solo aumentare l’apprezzamento per la rabbia e la volontà di arrabbiarsi. Questo non solo perché la rabbia ha chiari vantaggi evolutivi, ma anche un’applicabilità contemporanea3.

Una popolare spiegazione della rabbia, come descritta da Sell, Tooby, e Cosmides (2009), è data dalla teoria della ricalibrazione: questa sostiene che la rabbia venga usata per negoziare, in quanto aumenterebbe la possibilità che la situazione possa evolvere in favore dell’individuo arrabbiato. Secondo la teoria, ciò avviene in quanto l’individuo bersaglio della rabbia ricalibrerebbe il valore assegnato agli argomenti dell’individuo arrabbiato. Questo cambiamento di valutazione sarebbe dovuto al fatto che le persone temono i costi associati all’essere attaccate o evitate dall’individuo arrabbiato. Per esempio, se un uomo mi si avvicinasse con un’espressione arrabbiata pretendendo la deliziosa barretta di Kit Kat che mi sto gustando4, sarei in grado di calcolare velocemente che un dollaro (una stima a grandi linee del costo della barretta di cioccolato) non vale il costo di una rissa. Quindi molto probabilmente cederei all’uomo la mia barretta di cioccolato5. Tuttavia, se lo stesso uomo mi avesse approcciato con un sorriso e avesse preteso la mia cioccolata, avrei probabilmente pensato ad uno scherzo, o forse che fosse diabetico, e mi sarei sentito meno obbligato a dargliela6. Questo suggerirebbe che un individuo più forte (capace di infliggere costi maggiori) sarebbe più incline ad usare la rabbia, che è esattamente quello che Price, Dunn, Hopkins, e Kang (2012) hanno trovato. In altre parole, la maggioranza delle persone sarebbe più propensa a concedere la barretta di cioccolata ad una montagna di synthol e stanozolol [steroidi, NdT] piuttosto che ad un istruttore di yoga brethariano [che dichiara di poter vivere senza mangiare, NdT].

La teoria della ricalibrazione suggerisce inoltre che la rabbia possa segnalare un’imminente perdita dell’accesso ai geni del sesso opposto. Se un uomo pretendesse la barretta di cioccolato dalla propria moglie e questa credesse che non consegnandogliela rischierebbe il divorzio, l’uomo farebbe certo la figura di uno [parolaccia] manipolatore, ma avrebbe anche maggiori possibilità di ottenere la cioccolata. Questo perché un divorzio potrebbe causare alla donna di perdere accesso ai preziosi, sebbene estremamente manipolatori e carichi di cioccolato, geni dell’uomo. Come previsto, Price et al (2012) trovano anche che più attraente è l’individuo, sia come caratteristiche facciali (un viso simmetrico è correlato con un sistema immunitario più forte negli uomini e con la fertilità nelle donne [Rantala, 2014]), sia come intelligenza (correlata ad una maggiore aspettativa di vita [Arden et al., 2015]), maggiori sono le probabilità che questo impieghi la rabbia, perché questi tratti aumentano il valore dei suoi geni, e di conseguenza il danno provocato dal mancato accesso a questi geni.

Assumendo vera la teoria della ricalibrazione della rabbia, molti giustamente si chiederanno, perché allora ci arrabbiamo per cose o situazioni in cui non siamo direttamente coinvolti? Seguendo la logica e le evidenze presentate fin qui, io, come uomo bianco, non dovrei provare rabbia verso un politico che esprime ripetutamente sentimenti sessisti, razzisti e xenofobi. Anzi, uno potrebbe sostenere che la rabbia agirebbe a mio sfavore, dato l’aumentare della possibilità di venire coinvolti in una lite. Tuttavia, mi arrabbio. Perché? Fessler (2010) affronta questa domanda discutendo la rabbia indiretta come mezzo per mantenere una società prospera, e come mezzo per pubblicizzare il proprio impegno nei confronti di quella società.

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