I videogiochi possono avere effetti negativi? Violenza e immoralità nel mondo virtuale
Non si tratta semplicemente di scegliere se stare dalla parte dei buoni o dei cattivi. Ad esempio, nel videogioco Fahreneit (Quantic Dream, 2005) la narrazione iniziale porta il giocatore ad assistere a una scena molto carica emotivamente: un bambino cade nell’acqua ghiacciata del laghetto di un parco; essendo inverno, e non sapendo il bambino nuotare, l’unica speranza che il bimbo ha di sopravvivere è che il protagonista del gioco si tuffi per salvarlo. In quel parco però sta indagando anche l’unico poliziotto che ha visto il protagonista sulla scena di un altro crimine, che dà avvio alla storia del gioco, per il quale egli è il principale sospettato ed è quindi in fuga. In questo caso il giocatore si trova davanti ad una scelta che condizionerà tutto il successivo intreccio: salvare il bambino, attirando così l’attenzione del poliziotto e rischiando la cattura poiché sospettato dell’altro crimine, o lasciarlo annaspare pregando che qualcun altro lo salvi senza però farsi notare da colui che sta indagando proprio sul suo conto?
Un altro esempio indicativo di questa evoluzione nei prodotti videoludici è rappresentato da Fallout III (Bethesda Softworks, 2008); in un particolare passaggio di questo gioco è necessario decidere se rapire un bambino per salvare da un’epidemia un gruppo di schiavi o se condannare a morte tutto il gruppo di schiavi, per salvare il bambino. Qualunque sia la decisione finale, in entrambe le situazioni, il dilemma morale è altrettanto evidente della componente violenta.
In questi mondi virtuali, i giocatori possono fare molte cose che nella vita reale sarebbero impossibili oppure, più semplicemente, commettere atti che sono per lo più inconcepibili in una società normale. Alcuni videogiochi consentono di impegnarsi in omicidi, torture, stupri o, addirittura, atti di pedofilia (Wonderly, 2008).
L’esercizio della moralità nel mondo virtuale è un tema molto interessante e ancora poco indagato. La domanda di ricerca cui dare risposta è se commettere azioni generalmente ritenute immorali e inaccettabili in un ambiente virtuale, dove tutto è consentito, possa avere conseguenze sul giudizio morale nella vita quotidiana. Questi interrogativi sono stati affrontati anche da studiosi dell’etica, come McCormik (2001), secondo il quale “l'umanità è oggi di fronte a una nuova serie di questioni morali causate dagli sviluppi della tecnologia” (p. 286). Il filosofo non disapprova apertamente lo sviluppo di giochi violenti e immorali, sostenendo che il fatto di commettere atti immorali in un videogioco non è più condannabile del permettere la pratica di sport violenti, come il pugilato, o rischiosi, come l’arrampicata.
Videogame e sganciamento morale: un nuovo filone di ricerca
Espandere la conoscenza delle conseguenze che l’utilizzo delle nuove generazioni di videogame comporta è un argomento di primaria importanza all’interno del filone di ricerca sui videogame e comportamento aggressivo. A tale proposito Gabbiadini e colleghi (Gabbiadini, Andrighetto & Volpato, 2012) hanno recentemente condotto uno studio di natura correlazionale (si veda glossario), il cui obiettivo era esplorare gli effetti dei moderni giochi violenti sullo sganciamento dalla moralità nella vita reale. Infatti, la maggior parte dei videogiochi violenti di recente produzione consente al giocatore di agire anche attraverso una vasta gamma di comportamenti immorali (ad es., furto, atti di vandalismo o molestie sessuali), che sono rappresentati in maniera molto realistica dalla grafica del gioco e che vengono talvolta addirittura incoraggiati poiché scopo del gioco stesso. Per citare un esempio rappresentativo, in GTA IV è possibile avere rapporti sessuali a pagamento con delle prostitute per aumentare il punteggio di salute del proprio personaggio. È pratica comune dei giocatori di questo videogame uccidere poi la prostituta per riprendersi i soldi spesi.
I ricercatori hanno ipotizzato che l’utilizzo di questo tipo di giochi possa indebolire il giudizio morale anche al di fuori dei confini virtuali. Lo studio considerava come variabile indipendente l’utilizzo di GTA IV, un videogame molto diffuso tra gli adolescenti, che ruota attorno ad atti criminali e illegali, come spaccio di droga, prostituzione e sparatorie, caratterizzato inoltre da un linguaggio ricco di turpiloqui e da scene cruente. Ad un ampio campione di studenti italiani di scuola superiore è stato chiesto di riportare la frequenza e la recenza con cui avevano giocato a GTA IV. In seguito, è stato chiesto loro di compilare una scala di misura del disimpegno morale (Bandura, Barbaranelli, Caprara, & Pastorelli, 1996). Questa scala misura tre differenti momenti del processo di disimpegno morale (Bandura, 1990): (1) la ridefinizione della condotta immorale, che tende a minimizzare l’atto immorale compiuto; (2) la distorsione delle conseguenze dell’atto, ritenute meno gravi di quanto realmente esse siano; (3) la diversa considerazione della vittima che tramite l’attribuzione di colpa o di biasimo è ritenuta meritevole dell’offesa ricevuta.
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