Dottor Jekyll o Signor Hyde? Il Ruolo della Moralità nella Percezione Sociale
Moralità vs. Socievolezza nella percezione interpersonale
Sebbene gran parte delle ricerche di percezione sociale abbiano considerato la dimensione del calore umano nel suo complesso, più di recente è stato teoricamente ed empiricamente dimostrato che la dimensione di calore comprende due componenti distinte: Moralità e socievolezza (Brambilla, Rusconi, Sacchi, & Cherubini, 2011; Brukmuller & Abele, 2013; Pagliaro, 2012; Szymkow, Chandler, Ijzerman, Parzuchowski, & Wojciszke, 2013). Mentre la socievolezza riguarda lo stabilire connessioni con gli altri (ad es., amichevole, piacevole), la moralità è associata a caratteristiche relative alla correttezza di un target sociale, quali la fiducia, l’onestà, l’affidabilità. In linea con tale argomentazione, lavori nell’ambito della psicologia della personalità hanno mostrato che moralità e socievolezza costituiscono due fattori di personalità distinti e dissociabili (De Raad & Peabody, 2005). Infatti, una persona può essere molto onesta e corretta, ma non essere necessariamente socievole e amichevole con gli altri o viceversa. Pensiamo al Padrino di Francis Ford Coppola: Il protagonista interpretato da Marlon Brando è socievole, è un padre affettuoso legato al proprio clan ma non è sicuramente una persona morale.
Sulla base di tale distinzione, alcuni lavori hanno indagato lo specifico impatto dei tratti morali e di socievolezza nel processo di formazione delle impressioni. Ad esempio, Cottrell, Neuberg e Li (2007) chiesero a degli studenti di indicare le caratteristiche più importanti che una persona dovrebbe idealmente possedere. Dai risultati l’affidabilità emerse come la caratteristica più importante, mentre tratti più propriamente riferiti alla socievolezza erano valutati come meno importanti. Più di recente, Brambilla e collaboratori (Brambilla et al., 2011) hanno investigato il ruolo dei tratti di moralità, socievolezza e competenza nel processo di ricerca di informazioni che precede la formulazione di un giudizio o un’impressione. I risultati di questi studi hanno mostrato come le persone, quando cercano informazioni su un target sconosciuto, siano maggiormente interessate a ricercare e selezionare dati nell’ambito della moralità piuttosto che della socievolezza o della competenza (Brambilla et al., 2011).
La primarietà della dimensione morale non riguarda solo il processo di selezione delle informazioni ma coinvolge anche la formulazione di un giudizio globale e le intenzioni di agire in un certo modo verso altri individui. Una seconda serie di studi ha mostrato che le persone quando sono chiamate a formulare un giudizio su altri sono maggiormente influenzate da informazioni riguardanti la moralità, rispetto a quelle di competenza e di socievolezza (Brambilla, Sacchi, Rusconi, Cherubini, & Yzerbyt, 2012). Al riguardo, Pagliaro, Brambilla, Sacchi, D’Angelo e Ellemers (2013) hanno condotto una ricerca in un contesto scolastico. Nello specifico ai lavoratori di un plesso scolastico – insegnanti e assistenti amministrativi – era chiesto di immaginare l’arrivo di un nuovo dirigente scolastico descritto come molto (vs. poco) morale e molto (vs. poco) competente. In linea con quanto rilevato dalle ricerche di laboratorio, le impressioni globali erano meglio predette dalle informazioni circa la moralità del futuro nuovo dirigente, rispetto a quelle relative alla competenza. Inoltre, insegnanti e tecnici amministrativi erano maggiormente disposti a interagire e cooperare con un dirigente onesto e sincero, rispetto a un dirigente capace e intelligente.
L’insieme di questi risultati indica pertanto che la primarietà di calore individuata dalle ricerche precedenti può essere meglio spiegata in riferimento alle caratteristiche morali, piuttosto che a quelle relative alla socievolezza.
La moralità e la percezione del proprio gruppo
Il ruolo decisivo e primario dei tratti morali nella percezione sociale riguarda anche i giudizi circa il gruppo di appartenenza (ingroup). È stato ampiamente dimostrato che una parte rilevante dell’identità degli individui è connessa all’appartenenza ai gruppi sociali (si veda la Teoria dell’Identità Sociale; Tajfel & Turner, 1979). Ovvero, ognuno di noi si definisce, ad esempio, anche in quanto uomo o donna, giovane o anziano, italiano o francese, interista o milanista. Di conseguenza, al fine di ottenere e mantenere una rappresentazione di sè positiva, le persone cercano di entrare a far parte di gruppi ad alto status o ad alto potere oppure, quando questo non è possibile, cercano di elevare l’immagine del proprio gruppo anche a discapito degli outgroup. In questo processo, un discreto numero di ricerche ha dimostrato che le caratteristiche morali hanno un ruolo più importante di quelle riferibili alla competenza (e alla socievolezza) nel differenziare positivamente il proprio ingroup (Pagliaro & Di Cesare, 2013).
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