Come vediamo una persona che ci racconta di stare male e quanto siamo disponibili ad aiutarla? Il ruolo del genere (e non solo)

Questa sottostima (volontaria o involontaria) è dipesa da più fattori raggruppabili sotto il termine ombrello di gender bias, ossia un insieme di meccanismi che vanno dalla già citate concezioni stereotipiche di genere fino alla non considerazione sistematica del sesso delle persone come elemento fondamentale per la comprensione di aspetti legati alla loro salute (Hamberg, 2008; Verdonk et al., 2007, 2009). Il non considerare il sesso come variabile cruciale, è un fenomeno comunemente conosciuto con il termine ‘gender blindness’ (i.e., ‘cecità di genere’) ed è possibile vederlo all’opera negli studi clinici che sono stati - e vengono tutt’ora - realizzati nel campo della medicina (Hamberg, 2008). A meno che l’obiettivo delle ricerche non sia quello di approfondire aspetti legati alla riproduzione o al ciclo mestruale, non è raro che le donne vengano escluse dai campioni degli studi condotti, oppure, che - anche se coinvolte - i dati raccolti non vengano poi analizzati alla luce delle specificità biologiche che le contraddistinguono rispetto agli uomini (Criado Perez, 2019; Dusenbery, 2018). La gender blindness è un fenomeno così diffuso e radicato che per arginarlo molti Paesi hanno dovuto legiferare per garantire alle persone pari opportunità di coinvolgimento nelle ricerche mediche (Dusenbery, 2018; Dharmapuri, 2011). La cecità di genere si accompagna spesso anche con il male bias, un vero e proprio errore di osservazione che ha condotto – anche storicamente – a un’iperfocalizzazione della medicina sui corpi maschili. Questi ultimi, soprattutto se bianchi e del peso di circa settanta chili, sono stati considerati il prototipo per eccellenza sul quale studiare le malattie, anche quelle che si manifestano più frequentemente nelle donne (Criado Perez, 2019; Verdonk et al., 2008). Il risultato di questo sguardo non è da trascurare in quanto, da una parte, ha prodotto una ridotta quantità di conoscenze sui corpi femminili e su ciò che può colpirli e, dall’altra, ha fatto sì che le malattie e i sintomi che affliggono le donne – proprio perché poco conosciuti – vengano spesso categorizzati come atipici o aspecifici quando, in realtà, non lo sono affatto, se non rispetto a uno standard maschile. Alla luce di quanto sopra sintetizzato, è evidente che la ricerca psico-sociale sui bias in medicina sia fondamentale e possa fornire ulteriori e preziosi dati per contrastare le diseguaglianze di genere sanitarie. Tuttavia, già a partire dalle informazioni a disposizione, è possibile individuare alcune azioni concrete che potrebbero essere realizzate per sostenere i/le pazienti ed evitare che possano diventare target di trattamenti non paritari. Un primo passo importante potrebbe essere quello di sviluppare strategie e interventi per promuovere la cosiddetta gender awareness e far sì che, non solo i/le professionisti/e della salute, ma anche le persone che compongono la loro rete sociale, possano diventare consapevoli che alcune caratteristiche degli individui, come il genere, possono influenzare il loro punto di vista e determinare effetti disfunzionali che hanno un impatto negativo e sostanziale sulla qualità e sulle aspettative di vita delle persone (Suls et al., 1997).

 

Glossario

 
Componenti della Rappresentazione della Malattia. Le principali dimensioni che costituiscono la RM sono: l’identità, la causa, la durata, le conseguenze, la controllabilità o curabilità. L’identità fa riferimento alla denominazione che viene attribuita alla malattia e all’identificazione dei sintomi che vengono sperimentati. La causa rappresenta l’insieme delle credenze possedute dalle persone sui fattori che possono essere responsabili della malattia (e.g., genetiche, biologiche, ambientali, psicologiche, ecc…). La durata si riferisce alla durata temporale dei sintomi e, dunque, alla prognosi, mentre le conseguenze sono i possibili effetti, l’impatto che la malattia può avere sulla vita della persona dal punto di vista fisico, socio-psicologico o economico. Infine, la controllabilità o curabilità ha a che fare con la percezione che un/a paziente ha di quanto la sua malattia sia curabili e di quanto gli effetti che essa può avere siano controllabili da sé stesso/a o da altri (e.g., dai/lle medici/che).
 
Dermatomiosite. Malattia rara che colpisce 4 su 100.000 persone e si può manifestare sia negli adulti sia nei/lle bambini/e.  La dermatomiosite è una malattia infiammatoria di origine autoimmune ed è caratterizzata da un’infiammazione dei muscoli, che causa debolezza, e da lesioni tipiche della pelle. In alcuni casi può coinvolgere gli organi interni come cuore, polmoni e esofago e, di conseguenza, possono comparire difficoltà respiratorie e problemi di deglutizione e digestione. Per un approfondimento: https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/d/dermat...
 

Bibliografia

 
Adams, A., Buckingham, C. D., Lindenmeyer, A., McKinlay, J. B., Link, C., Marceau, L., & Arber, S. (2008). The influence of patient and doctor gender on diagnosing coronary heart disease. Sociology of Health & Illness, 30(1), 1–18.
 
Baumann, L. J., Cameron, L. D., Zimmerman, R. S., & Leventhal, H. (1989). Illness representations and matching labels with symptoms.

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