Due papà, due mamme. Quali riflessioni per sfatare i pregiudizi verso le famiglie e le genitorialità omosessuali?

Oggi di genitorialità omosessuale si parla tantissimo, ma se ne parla molto spesso attraverso prospettive discorsive inquinate in partenza, da cui si fanno derivare concezioni che rinforzano o confermano visioni distorte o preconcette. E’ da più di quarant’anni oramai che la ricerca scientifica sulle famiglie omosessuali ha evidenziato che la specifica configurazione familiare (omosessuale o eterosessuale) non ha alcuna influenza sia sulla qualità dei processi evolutivi dei bambini e delle bambine, sia sulle modalità attraverso cui vengono esercitate le funzioni genitoriali (per una rassegna della letteratura Cfr: Taurino, 2016; Spaccatini, Taurino & Pacilli, 2014; Suitner & Pacilli, 2016; Ferrari, 2011, 2015; Lingiardi, 2007). Le diverse indagini condotte hanno, in altri termini, rilevato che le famiglie omosessuali non si configurano come contesti disadattivi per lo sviluppo infantile dal punto di vista cognitivo-emotivo, socio-relazionale e comportamentale. Nonostante tali risultati, tuttavia continua ad essere molto diffusa l’idea che l’unico modello di famiglia sia quello costituito da un uomo e da una donna e che la genitorialità possa essere espressa e realizzata in modo adeguato solo ed esclusivamente all’interno di una coniugalità eterosessuale. Foto 1: Giordano Pariti, Memorie in attesa di un tempo #11, 2016. Foto digitale. Courtesy: l’artistaFoto 1: Giordano Pariti, Memorie in attesa di un tempo #11, 2016. Foto digitale. Courtesy: l’artistaMotivazioni o spiegazioni tese ad avallare una sorta di inammissibilità della famiglia omosessuale (dal punto di vista sociale, culturale, politico, etc.) si traducono di fatto nella negazione di statuto di esistenza ad una struttura familiare che non si configura come uno scenario futuribile (ossia una dimensione con la quale prima o poi ci si potrà confrontare), ma come una realtà già presente nella nostra società. Nelle ultime generazioni, in Italia si è verificato un significativo incremento del numero di lesbiche e gay che hanno pianificato e concretizzato percorsi di transizione alla genitorialità all'interno di una coniugalità omosessuale, come dimostrato dall’importante presenza di associazioni molte attive sul territorio nazionale, quali "Famiglie Arcobaleno-Associazione Genitori Omosessuali" e “Rete Genitori Rainbow- Genitori LGBT con figli/e da relazioni etero”. I/le bambini/e che nel nostro Stato vivono in nuclei omosessuali sono più di centomila (come è emerso dalla ricerca “Modi-di” condotta da Arcigay nel 2005 con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità). Questo dato di certo non esaurisce gli elementi di conoscenza quantitativa reale del fenomeno, non solo per il fatto che molte coppie omosessuali vivono “clandestinamente” le proprie relazioni e non fanno coming out, ma anche perché il dato stesso è vecchio e superato, risalendo oramai a più di dieci anni fa.

Nel rapporto tra esistenza di fatto e riconoscimento formale, la famiglia omosessuale si connota ancora come un ossimoro, ossia una realtà esistente ma, contemporaneamente, inesistente dal punto di visto legale-giuridico. Basti pensare a quanto accaduto durante la discussione parlamentare sul d.d.l. Cirinnà che ha portato allo stralcio della stepchild adoption dalla legge n. 76/2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze); o all’opposizione nei confronti di un’estensione della possibilità di adozione anche alle coppie omosessuali, con un conseguente annientamento dei diritti soprattutto dei bambini e delle bambine che vivono e crescono in nuclei omogenitoriali, ai quali viene reso più complesso su molteplici livelli (se non proprio disconosciuto), il senso di appartenenza alle proprie radici relazionali.

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