Due papà, due mamme. Quali riflessioni per sfatare i pregiudizi verso le famiglie e le genitorialità omosessuali?

E’ ancora forte la tendenza a rimarcare una concezione di omogenitorialità vista come disordine, disfunzionalità, criterio di disorganizzazione sociale, minaccia e attentato ai valori costitutivi di una supposta antropologia umana. Vengono riprodotti sistemi comunicativi che imbrigliano la genitorialità omosessuale in paradigmi interpretativi di tipo naturalistico e deterministico, sulla base di quali ci si contrappone fortemente all’integrazione di ciò che non apparirebbe fondato su un’idea di unicità, naturalità e normalità del modello familiare e genitoriale di tipo tradizionale ed esclusivamente eterosessuale. Non passa giorno in cui in cui slogan ideologicamente connotatati non ricordino o ribadiscano che “la famiglia è altra cosa” o che bisogna lottare per “un diritto naturale che tuteli la famiglia normale”, oppure che “la famiglia omosessuale è manchevole dei presupposti di base del concetto stesso di famiglia”, da intendersi unicamente come istituzione naturale fondata sull'unione matrimoniale tra un uomo e una donna. Viene continuamente messa in campo la ferma convinzione che l’omogenitorialità sia inammissibile in relazione al fatto che i vincoli/limiti imposti dalla natura in relazione alla generatività/procreazione implichino di fatto l'impossibilità per gay e lesbiche di esercitare quelle funzioni a cui sono “naturalmente” predisposti gli uomini e le donne all'interno di un nucleo familiare strutturato, ossia rispettivamente la funzione paterna e quella materna. Da ciò un’idea di figli/e di gay e lesbiche come bambini/e sintetici/che, figli/e della chimica, organismi geneticamente modificati al pari dei prodotti OGM da osteggiare a livello di diffusione commerciale. Il più delle volte si scomodano illustri teorici o scienziati della storia del pensiero psicologico o psichiatrico per ribadire, in modo improprio, l’importanza per il bambino/la bambina di avere una figura paterna e materna per la formazione della propria personalità. Si afferma, infatti, che l’omogenitorialità sia un abominio in quanto negherebbe il sacrosanto diritto dei bambini e delle bambine di avere un padre e una madre, essendo per questo motivo fonte di violenza psicologica e disadattamento sociale e relazionale a causa di un capriccio di adulti/e omosessuali. A tutto questo si accompagnano credenze tese a ribadire con veemenza che l’omosessualità sia una patologia, un disturbo che implica perversione, disfunzionalità, instabilità relazionale e immoralità. Si parla oggi di terapie riparative in grado di mettere in atto processi di ri-orientamento all’eterosessualità; come se l’omosessualità fosse un guasto della personalità che richieda interventi correttivo-riabilitativi e di riparazione. Soprattutto in questo periodo è molto diffusa una preoccupazione sociale e culturale nei confronti di una presunta “ideologia gender”, considerata alla stregua di una delle ideologie più perniciose per l’umanità (Suitner & Pacilli, 2016; Garbagnoli, 2014). Attraverso un’iperbole o azzardo del pensiero, i teorici dell’esistenza dell’ideologia gender ritengono che sia ora in atto, come diretta emanazione di una dittatura omosessualista, la diffusione di prassi e saperi che sferzano un attacco violento e diretto ai principi dell’esistenza e della natura umana, ossia al fondamento oggettivo della differenza e complementarità dei sessi. Ne deriverebbe una forte confusione in campo giuridico e gravi violazioni dei diritti dei bambini e delle bambine. Da qui la necessità di un’attenzione educativa del tutto nuova da parte di genitori, insegnanti, educatori che dovrebbero tutelare i/le giovani di oggi, i quali a causa di tale pressante ideologia si troverebbero a crescere in un contesto che mette in discussione i principi cardine su cui costruire la propria identità e personalità. Sullo stesso livello del discorso, l’educazione alle differenze viene considerata lo strumento per la reificazione di una sorta di “plagio omosessualista” (etichetta peraltro difficile da comprendere), intendendo gli interventi volti a contrastare il dilagante e preoccupante fenomeno della violenza o del bullismo omo-transfobico, come uno dei mali del nostro sistema educativo e formativo. Si tende ad ostacolare potentemente il tentativo di decostruire a livello sociale e culturale l’omofobia, sulla base di una presunta rivendicazione e difesa di una libertà di pensiero, incentrata sulla ferrea convinzione che l’omofobia sia e debba essere considerata come un’opinione da poter esprimere e preservare e non una grave e violenta forma di negazione dei diritti umani (Taurino, 2016).

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