Due papà, due mamme. Quali riflessioni per sfatare i pregiudizi verso le famiglie e le genitorialità omosessuali?

E’ necessario partire da un’ammissione di fondo: finché non si destrutturerà il pregiudizio nei confronti dell’omosessualità, non ci potrà mai essere uno spazio neutro di parola e pensiero sulla famiglia e sulla genitorialità omosessuale. E’ l’omosessualità dei genitori la vera questione problematica che ostacola la possibilità di guardare alla genitorialità di persone gay o lesbiche in modo scevro da impostazioni stigmatizzanti. Si tende a confondere i piani della discussione, esprimendo un atteggiamento politically correct che tende a risolvere la questione di un’eventuale legittimazione socio-culturale dell’omosessualità, attraverso la riproposizione di una separazione/scissione tra un ambito privato e personale (omosessualità come supposta scelta di vita attraverso la quale ognuno può amare o desiderare chi vuole) e un ambito pubblico (organizzazione sociale in cui le scelte personali non devono ricadere sullo Stato, sulla società e sulla modificazione degli ordinamenti giuridici in tema di matrimonio, famiglia e genitorialità). Tuttavia è utile ribadire che se il (presunto) personale non diventa pubblico, si continuerà e reiterare logiche di negazione e disconoscimento del principio di cittadinanza delle persone omosessuali, replicando l’infondata convinzione che l’omosessualità sia una scelta personale e che le relazioni omosessuali (coniugali, familiari, genitoriali) non possano avere un riconoscimento nell’ordine pubblico. L’omosessualità non è una scelta ma, come ribadito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’American Psychiatric Association e dall’American Psychological Association (solo per citare alcune delle più importanti associazioni ed organizzazioni mondiali che si occupano di salute e salute mentale) una variante naturale del comportamento sessuale umano.

E’ arrivato il momento di superare presunti teoremi sull'origine dell’omosessualità da ricercare in situazioni traumatiche infantili o in esperienze relazionali disfunzionali; ipotesi eziopatogenetiche che ricalcano le peggiori teorie omofobe su tale questione. Avrà senso ricercare le cause dell’omosessualità, quando si ricercheranno allo stesso modo le cause dell’eterosessualità; ma a quel punto tale indagine etiologica non avrà più modo d’esistere, in quanto sarà del tutto superato ed annientato il senso implicito e latente di tale speculazione, ossia l’applicazione di modelli deterministico-causali ad una realtà considerata come patologica sulla base della contrapposizione tra un criterio di naturalità/normalità (attribuita all’eterosessualità) e uno di disfunzionalità, anormalità (attribuito all’omosessualità).

Quando realmente e concretamente saremo pronti ad interiorizzare ed accogliere tali paradigmi, solo allora si potrà organizzare un discorso sulla genitorialità omosessuale che non ricalchi le vie del pregiudizio. Solo allora la stessa etichetta “omogenitorialità” probabilmente non avrà più motivo di sussistere, perché sarà direttamente ricondotta e ricompresa (senza necessità di qualificazioni specificanti) nel contenitore semantico più ampio e sovraordinato della genitorialità; genitorialità che, è utile ribadirlo, non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale o l’identità di genere dei genitori. Si è, e si può essere, buoni o cattivi genitori a prescindere dall’essere eterosessuali o omosessuali, cisgender o transessuali, etc. Si potrebbe dire in modo provocatorio che il vero superamento del pregiudizio si verificherà nel momento in cui gay o lesbiche potranno anche essere dei cattivi genitori (come può accadere proprio in virtù dell’indipendenza tra capacità genitoriale ed orientamento sessuale), senza che il giudizio inerente la loro eventuale pessima genitorialità sia collegato all’orientamento sessuale, ma più che altro alla loro incapacità di gestire i processi della responsabilità genitoriale (così come accade per le persone eterosessuali). Allo stesso modo si assisterà ad un vero capovolgimento di prospettiva quando le persone omosessuali non saranno più irriducibilmente incastrate nella logica di dover offrire un’immagine perfetta di sé e dei propri contesti di relazione. Per quanto a tratti sia difficile da accettare, nelle nostre esperienze di vita gli amori finiscono, i legami possono spezzarsi, eventi avversi possono minare alle base relazioni coniugali o rapporti familiari; questa eventualità riguarda ed attraversa tutti e tutte, uomini e donne eterosessuali, così come uomini gay e donne lesbiche. Il pregiudizio verrà realmente superato nel momento in cui gli/le omosessuali non saranno più esposti/e , nell’ordine del simbolico, a quel compito paradossale e contraddittorio rispetto al quale o sono del tutto misconosciuti come coppia, come famiglia e/o come genitori, oppure devono essere necessariamente rappresentanti di un modello di coppia inscindibile, di famiglia perfetta o di genitorialità ineccepibili, per non dover pagare il conto che la causa di un’eventuale imperfezione sia inevitabilmente ed irrimediabilmente ricondotta e ricollegata al loro orientamento sessuale.

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