Tale madre, tale figlio! Il pregiudizio etnico si trasmette in famiglia?

Partendo dal presupposto che i genitori sono modelli per i loro figli, è molto probabile che un parenting autoritario facilmente conduca a un comportamento aggressivo e anti-sociale del bambino, in particolare verso le minoranze etniche (Stevenson et al. 1990). Anche Duriez (2011) ha mostrato come un parenting autoritario basato più sulla promozione di obiettivi estrinseci stimola la competizione, promuove il pregiudizio etnico e aumenta gli atteggiamenti aggressivi verso i bambini immigrati. Un parenting autoritario non solo predice il pregiudizio etnico nei bambini a prescindere del livello di pregiudizio genitoriale ma facilita anche la trasmissione intergenerazionale dai genitori ai bambini (Pinquart & Silbereisen, 2004a; Pinquart & Silbereisen, 2004b). L’essere genitori autoritari trasmette ai bambini valori come conformità e tradizione piuttosto che valori legati all’apertura al cambiamento (Duriez et al., 2008) e predice l’autoritarismo dei bambini e il pregiudizio verso gli immigrati (Carlson & Iovini, 1985; Rodríguez-Garcia & Wagner, 2009). Gli studi che considerano l’effetto degli atteggiamenti genitoriali autoritari sul pregiudizio etnico dei bambini sono ancora pochi. Inoltre, la maggior parte si focalizza più sull’autoritarismo del genitore (per una rassegna, Sibley & Duckitt, 2008) che include il convenzionalismo, l’aggressione autoritaria, e la sottomissione autoritaria (Altemeyer, 1981) piuttosto che sulle pratiche educative autoritarie. Infine, nessuno studio in letteratura ha indagato il ruolo esercitato dal parenting nella relazione tra pregiudizio dei genitori e pregiudizio dei bambini.

 

La ricerca condotta

Rispetto al tema affrontato in quest’articolo, vogliamo presentare un nostro studio recente (Pirchio, S., Passiatore, Y., Panno, A., Maricchiolo, F., Carrus, G. (2017). A chip off the old block: Parents’ Subtle Ethnic Prejudice Predicts Children’s Implicit Prejudice. Frontiers in Psychology. Under Review) che si è occupato di analizzare la trasmissione intergenerazionale del pregiudizio implicito madre-figlio considerando l’influenza che lo stile di parenting adottato dal genitore può esercitare su questa relazione. Inoltre, abbiamo voluto vedere anche come cambiano i livelli di pregiudizio esplicito e implicito dei bambini coinvolti nella ricerca rispetto alle loro età.

I partecipanti alla ricerca erano 318 bambini italiani (172 maschi e 146 femmine) di età compresa tra i 3 e i 9 anni di 11 scuole di Roma e dintorni. Tra questi, 131 bambini frequentavano la scuola dell’Infanzia, 105 la prima classe della scuola Primaria e 82 la quarta classe della scuola Primaria.

La madre di ogni bambino ha compilato un questionario sul pregiudizio etnico manifesto e latente (tale scala nonostante miri a valutare il pregiudizio espresso in una forma più subdola, non è una misura degli atteggiamenti impliciti definiti appunto in termini associativi) (Pettigrew e Meertens, 1995), nell’adattamento italiano di Arcuri e Boca (1996) e uno sullo stile di parenting (Parent Style and Dimension Questionnaire) di Robinson e colleghi (2001).

I bambini hanno partecipato a due attività, una che misurava il pregiudizio esplicito e una che misurava quello implicito.

Nella prima attività venivano mostrate al partecipante 6 foto di bambini di diversa etnia alle quali andavano assegnati aggettivi positivi (es. bello) o negativi (es. brutto) e verbi positivi (es. abbracciare), negativi (es. picchiare) o neutri (es. mangiare).

Nella seconda attività il pregiudizio implicito dei bambini è stato misurato attraverso la versione Child–Implicit Association Test (Child–IAT) adattata alle raccomandazioni di Baron e Banaji (2006). Allo studente è chiesto di categorizzare, premendo due tasti opposti e di colori diversi sulla tastiera del pc, le fotografie di bambini Caucasici, Africani, Asiatici Indiani, Asiatici Cinesi, Arabi (le fotografie utilizzate sono diverse dal test che misura il pregiudizio esplicito) in due differenti gruppi: “Caucasici” e “Altri” rappresentati in alto da due figure, il gruppo dei bambini caucasici da un lato e il gruppo di bambini multi–etnico dall’altro lato (Figura 1). Figura 1. Child-IAT - Foto degli autoriFigura 1. Child-IAT - Foto degli autoriDeve, inoltre, categorizzare gli stimoli verbali ascoltati con una valenza positiva (bello, buono, felice, divertente, pulito) e quelli con una valenza negativa (brutto, cattivo, triste, noioso, sporco) rappresentati da due smile: uno smile verde e felice da un lato per gli stimoli con valenza positiva e uno rosso e triste per gli stimoli con valenza negativa. Gli stimoli verbali sono stati registrati e riprodotti attraverso degli audio per permettere ai bambini pre-scolari di partecipare e per far si che le differenti abilità di lettura dei bambini di scuola primaria non interferissero con i tempi di latenza al test. Le categorizzazioni sono semplici o combinate (si alternano gli stimoli, una volta compare l’immagine e una volta il bambino ascolta la parola) e si alternano blocchi di prova e blocchi critici, in cui viene effettivamente registrato il punteggio del bambino.

Autore/i dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook