Da In-Mind International: a che punto è il giornalismo scientifico in psicologia?

Molto spesso i giornalisti basano queste storie su asserzioni prive di fondamento, aneddoti, oppure opinioni personali, e quando lo faccio notare, la reazione non è delle migliori. La verità è che la scienza psicologia è difficile, e le conclusioni a cui giungiamo sono poche volte assolute e evidenti. Ci sono molte più domande senza risposta che solide certezze. Le mie risposte a domande dirette sono spesso “Questa è un’idea interessante, ma non abbiamo prove sufficienti per supportare questa affermazione”. Sfortunatamente, molto di ciò che io (e altri scienziati) diciamo che va contro una narrazione predeterminata (e contro titoli acchiappa-click) viene ignorato, evidentemente perché l’informazione scientifica non si adatta a temi sensazionalistici. Mi rendo perfettamente conto che ci sono molte altre variabili da considerare quando si scelgono le storie da raccontare e come scriverne, ma la mia convinzione è che i giornalisti cerchino un certo tipo di risposte, anziché risposte corrette. Questa tendenza sfortunata potrebbe avere un effetto negativo a cascata spingendo gli scienziati a pubblicare articoli scientifici con risultati “sorprendenti” o capaci di attirare attenzione, che sono però difficilmente e con poca probabilità replicabili da altri lavori indipendenti. E questo può essere un problema per molte ragioni.

La pressione a conformarsi a aspettative irrealistiche nei media generalisti è molto frustrante per noi scienziati, che cerchiamo di fornire al pubblico informazioni basate sui fatti. E invece, questa informazione è filtrata dai media con un chiaro bias verso il sensazionalismo. Dal mio punto di vista i media generalisti hanno bisogno di costruire la loro credibilità permettendo alla ricerca scientifica di affrontare questo bias. In-Mind cerca di colmare questo vuoto facendo da ponte tra gli scienziati e il pubblico generale: “Ciò che fa di In-Mind uno strumento di insegnamento affidabile che funziona come uno strumento di edutainment è che gli articoli sono sottoposti a un processo di peer review prima di essere pubblicati. Noi proponiamo articoli interessanti e informativi che mirano a far interagire gli scienziati e i non-scienziati”. I miei colleghi di Science of Relationships hanno una mission molto simile: “C’è così tanta cattiva informazione in giro, che l’obiettivo vero è dare informazione di alta qualità ad un pubblico più vasto possibile in modo utile e interessante, in modo che le persone inizino a ignorare e/o mettere in discussione la cattiva informazione che è in circolazione”. Ecco perché sono importanti le storie basate sul fact-checking, e perché sono diventate il mio hobby personale. È estremamente importante che gli scienziati smentiscano le leggende metropolitane e le nozioni sbagliate.

In conclusione, non possiamo fare affidamento solo su giornalisti di professione nei media generalisti per portare avanti il lavoro di disseminazione della ricerca scientifica. Abbiamo noi la responsabilità di far sì che questo accada. Lo dobbiamo ai partecipanti alle nostre ricerche e al pubblico. I ricercatori delle scienze psicologiche giocano un ruolo centrale per l’educazione scientifica. E dopo tutto è una parte intrigante del nostro lavoro. 

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