Da In-Mind International: a che punto è il giornalismo scientifico in psicologia?

Ma c’è un’altra ragione per la quale è vitale per gli scienziati continuare a pubblicare in magazine per il pubblico generale: perché possiamo contribuire a cambiare le politiche pubbliche. La scienza psicologica è stata capace di indirizzare la discussione su temi fondamentali in ogni parte del mondo. Dal momento che vivo negli Stati Uniti, penso ad esempio a un tema con cui la mia società si sta confrontando oggi – il pregiudizio. Stiamo affrontando problemi molto seri, come il razzismo e le tensioni tra polizia e comunità che sono al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica sull’onda di tragedie e violenze recenti. Siamo quindi costretti a confrontarci con il lato più oscuro della natura umana, e anche della nostra cultura. E in questo processo, gli psicologi giocano un ruolo chiave. Nessuno sapeva che anche persone con le migliori intenzioni possono premere con più probabilità il grilletto di un’arma rivolta a una persona con la pelle più scura (rispetto a una con la pelle più chiara) – finché gli scienziati non hanno dimostrato l’esistenza dello shooter bias. Nessuno sapeva cosa fosse il pregiudizio implicito prima che l’Implicit Association Test fosse inventato, dimostrando così che anche persone antirazziste ed egualitarie a livello cosciente possono avere pregiudizi a livello inconsapevole.  E nuove soluzioni – da addestramenti innovativi per la polizia mirati a ridurre le associazioni mentali tra colore della pelle e pericolo, alle tecniche di mindfulness – possono aprire la strada a a società più forti e più illuminate. Gli psicologi sono all’avanguardia in queste scoperte e nello sviluppo di soluzioni creative, e noi possiamo aiutare a capire quali di questi interventi siano più efficaci, con una grande influenza anche sulle decisioni ai più alti livelli della società.

A questo punto potreste domandarvi: e i giornalisti di professione? Non potrebbero essere loro a divulgare i risultati della ricerca per noi? Sì, in un mondo ideale sì. Ma sfortunatamente, molti media a grande diffusione hanno dimostrato di non avere competenze sufficienti, nel migliore dei casi, o di avere pregiudizi molto evidenti, nel peggiore, nella loro copertura su temi scientifici. Con poche eccezioni, il giornalismo scientifico è povero. Considerate, ad esempio, la convinzione sorprendentemente diffusa che le vaccinazioni causino l’autismo, nonostante le fortissime evidenze scientifiche contro questa credenza. Se il giornalismo scientifico di massa avesse fatto bene il proprio mestiere, queste credenze erronee semplicemente non esisterebbero. Come psicologo sono sinceramente sbalordito e rattristato dall’incomprensione del pubblico per la ricerca nel mio campo. Prendiamo questi esempi: a) i messaggi subliminali cambiano le abitudini di acquisto delle persone, b) le persone usano solo il 10% del loro cervello, c) la testimonianza oculare è altamente affidabile, d) le persone usano più il cervello destro o il cervello sinistro, e) il test di Myers-Briggs sui 16 tipi psicologici misura accuratamente la personalità… e la lista potrebbe continuare. Certo di questi problemi non soffre la sola psicologia. Gli studiosi dei cambiamenti del clima affrontano sfide molto simili, e molte persone non credono che gli uomini si siano evoluti da altri animali esistiti milioni di anni fa. La stupefacente mancanza di conoscenza nel pubblico generale è diretta conseguenza delle carenze dei media generalisti come istituzione capace di divulgare l’informazione scientifica. Tra parentesi: la responsabilità di questi problemi non va fatta ricadere solo sui media. La carenza di conoscenze nel pubblico riflette una mancanza di base del nostro sistemi educativo.

Per semplificare, credo che questo problema sia dovuto (in parte) al bias confirmatorio, che è una tendenza a cercare una conclusione preferita e selezionare soltanto le evidenze coerenti con questa conclusione (ignorando o minimizzando le evidenze contrarie). I giornalisti scientifici che lavorano nei media generalisti potrebbero avere un argomento particolare su cui cercano storia da pubblicare. Questo li porta a cercare selettivamente informazioni che confermino la loro idea iniziale. L’obiettivo potrebbe essere quello di raggiungere un pubblico più ampio attraverso storie che abbiano la capacità di attirare più accessi, letture o click. C’è un trend nel giornalismo generalista americano verso storie sensazionalistiche. Ho un’esperienza di prima mano di questa tendenza nel mio campo di ricerca, che comprende lo studio delle relazioni intime, della sessualità e della moralità. Negli anni passati ho ricevuto dozzine di richieste di interviste su questi temi da vari media (TV, radio, giornali, blog, etc.), e molto spesso la conversazione andava avanti su questa linea: “la nostra storia è su come (mettete qui un trend recente sui social media, a vostro piacimento) sta rovinando le persone e sta distruggendo le nostre relazioni. Ci serve il punto di vista di uno psicologo su questo. Può dirci perché gli adulti oggi sono così egoisti e narcisisti? Dipende dai selfie e da Facebook?”.

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