Stare bene a scuola. Il benessere percepito degli insegnanti di scuola secondaria di II grado

Lo studio del ‘benessere’ lavorativo, conformemente alla critica mossa dalla psicologia positiva a proposito del focus in ricerca sugli elementi di rischio per la salute psicologica, comprende, tra i filoni di studio più ‘classici’, l’analisi del rischio di burnout. Il burnout è tradizionalmente definito come una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, distacco dalle situazioni lavorative e ridotto senso di realizzazione, dovuto principalmente alla relazione con l’utenza (nel caso dei docenti, gli studenti; Maslach & Jackson, 1981). Più recentemente, Schaufeli e colleghi (2008), hanno ridefinito il burnout come lo sbilanciamento cronico tra le richieste esterne e le risorse disponibili. Secondo gli ultimi rapporti dell’OCSE-TALIS e dell’Osservatorio Nazionale per la Salute e il Benessere degli Insegnanti (ONSBI), quest’ultima definizione sembra rispondere meglio al rischio di burnout che caratterizza gli insegnanti italiani. Da questi studi, infatti, emerge una condizione di malessere relativa tanto alla dimensione sociale, quanto alle infrastrutture e all’organizzazione del lavoro. Secondo il rapporto TALIS del 2013, i docenti italiani sono tra le ultime posizioni per il riconoscimento sociale percepito della professione. Inoltre, nel 2015 la ricerca dell’ONSBI ha sottolineato la bassa soddisfazione della categoria per le condizioni fisiche e organizzative delle scuole (Fiorilli et al., 2015). Questo tipo di studi, benché consenta di verificare i livelli di rischio per la salute fisica e psicologica del corpo docente e i fattori che li influenzano, è poco informativo rispetto agli elementi che contribuiscono a generare una condizione di benessere.

Tra gli studi che analizzano il benessere lavorativo in un’ottica di risorsa, si sottolinea di frequente il ruolo delle percezioni del contesto lavorativo da parte dei lavoratori. Coerentemente con la corrente che studia il benessere soggettivo (e.g., Diener et al., 1999), infatti, il modo con cui gli insegnanti percepiscono le condizioni lavorative e le relazioni scolastiche influenza non solo il benessere a scuola, ma anche la loro vita in generale (e.g., Kinman et al., 2011). Quali sono, allora, i fattori che gli insegnanti di scuola secondaria di II grado prendono in considerazione quando valutano il proprio benessere? A partire da questa domanda, è stata analizzata la letteratura internazionale in lingua inglese su riviste peer reviewed, includendo gli studi effettuati su campioni di docenti di questo livello scolastico, pubblicati tra il 2000 e il 2017, a proposito dei fattori più frequentemente studiati nell’ambito del benessere lavorativo (descritti di seguito). A causa dell’esiguo numero di studi individuati (poco più di 50, di cui la maggior parte concentrati sulle dimensioni di rischio), si è deciso di considerare, mantenendo gli stessi criteri, anche studi che consideravano i docenti di scuola secondaria di II grado insieme a colleghi di altri ordini scolastici.

Complessivamente, in accordo con la letteratura sul benessere lavorativo riferita ad altre categorie professionali, i fattori implicati nella percezione dei docenti del proprio benessere a scuola sono di tipo personale, professionale e/o relazionale (e.g., Day & Leitch, 2001; Prilleltensky & Prilleltensky, 2006; Rath & Harter, 2010). Molte delle dimensioni descritte di seguito comprendono fattori cognitivi e motivazionali relativi alle condizioni lavorative, evidenziando il gap, dichiarato all’inizio del lavoro, circa le ridotte informazioni sulla dimensione emotiva della professione docente nella scuola secondaria.

L’insieme delle dimensioni riconducibili ai fattori personali comprende costrutti come l’identità professionale, le motivazioni che hanno portato a scegliere questo lavoro, il senso di efficacia. Quest’ultima è la dimensione personale più frequentemente studiata in relazione al benessere dei docenti. Un insegnante ha alta autoefficacia quando crede nelle proprie capacità di porsi obiettivi lavorativi e mettere in atto tutte le operazioni necessarie a raggiungerli (Tschannen-Moran et al., 1998). Quando un insegnante si sente efficace, non solo si protegge dal rischio di burnout, o di depressione, ma apprende anche nuove strategie di coping e diventa più resiliente (Skaalvik & Skaalvik, 2007, 2010). Insegnanti di scuola secondaria con alti livelli di autoefficacia, infatti, si sentono più coinvolti nel lavoro a scuola, gestiscono meglio le difficoltà provenienti dalla relazione con il dirigente e i colleghi, e sono più soddisfatti della relazione con i propri studenti (Betoret, 2006; Rodrìguez-Sanchez et al., 2011).

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