Tale madre, tale figlio! Il pregiudizio etnico si trasmette in famiglia?

Negli ultimi anni c’è stato un forte aumento del numero di famiglie immigrate in Italia. Il flusso migratorio non solo è aumentato ma è anche qualitativamente cambiato nel tempo. La famiglia immigrata arriva in Italia raggiungendo uno dei membri della famiglia, in genere l’uomo, che è arrivato per primo a trovare nuove opportunità lavorative. Le persone autoctone e quelle immigrate si trovano a condividere vari contesti di vita quotidiana e affrontare, quindi, la presenza di differenze culturali. Queste differenze culturali spesso rappresentano un problema poiché possono essere amplificate dalle caratteristiche individuali di ciascuno e dal modo di comportarsi l’un l’altro (Allport, 1954). Questo è vero sia per gli adulti, sia per i bambini. È comune, quindi, trovare atteggiamenti razzisti e comportamenti discriminatori tanto negli adulti quanto nei bambini. Se l’acquisizione del pregiudizio è precoce e la sua espressione frequente, la sua automatizzazione si rinforza (Devine, 1989), diventa più stabile nel tempo e incide con più forza nel plasmare i comportamenti (Baron e Banaji, 2006). Conoscere le condizioni nell’ambiente sociale che facilitano lo sviluppo di atteggiamenti e comportamenti razzisti può aiutare a prevenire lo sviluppo e l’espressione di alti livelli di pregiudizio interetnico nei bambini.

 

Cosa sono gli atteggiamenti?

Allport (1935) fu uno dei primi a definire gli atteggiamenti come uno stato mentale neurologico di prontezza, organizzata attraverso l’esperienza, che esercita un’influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell’individuo nei confronti di ogni oggetto o situazione con cui esso entra in contatto. Gli atteggiamenti, quindi, si configurano come una tendenza psicologica che si esprime valutando un’entità (oggetto, persona, gruppi) con un certo grado di favore o sfavore (Eagly & Chaiken,1998). Questi influenzano la nostra percezione, il pensiero e il comportamento e aiutano a prevedere i comportamenti dell’altro modellando di conseguenza anche il nostro. Appare evidente, quindi, come sia importante studiare gli atteggiamenti proprio perché questi influenzano la nostra vita sociale. Infatti, nelle relazioni inter-gruppi questi possono determinare la cooperazione o il conflitto. A tal proposito, possiamo sviluppare atteggiamenti sfavorevoli e talvolta ostili verso uno o più gruppi sociali, in questo caso stiamo parlando di pregiudizio.

Gli atteggiamenti possono essere di due tipi: impliciti ed espliciti. L’atteggiamento implicito si differenzia da quello esplicito per tre caratteristiche: per un’origine non necessariamente nota, indipendente dalla consapevolezza che le persone hanno delle loro valutazioni associative; per i processi di attivazione di natura automatica; infine, perché questa componente influenza  principalmente  le  risposte non  controllabili  o  sulle  quali  le  persone  non  tentano  di  esercitare  controllo (Wilson, Lindsay, e Schooler, 2000). Infatti, secondo Moors e DeHower (2006) i due tipi di atteggiamento corrisponderebbero a due opposti modi di elaborazione mentale, uno automatico (tipico degli atteggiamenti impliciti) e l’altro non automatico o controllato (tipico degli atteggiamenti espliciti): il modo automatico opera indipendentemente dalle risorse attentive e non richiede intenzionalità a differenza del processo non automatico che è sotto il controllo consapevole della persona e richiede sia attenzione sia sforzo. Questo fa sì che gli atteggiamenti espliciti riflettano risposte controllate e deliberate le quali possono essere volontariamente alterate o soppresse mentre gli atteggiamenti impliciti attivino processi automatici e spontanei che sono difficili da modificare o evitare (Schneider & Shiffrin 1977). In questo lavoro ci focalizzeremo sullo sviluppo ed espressione degli atteggiamenti interetnici in età infantile e sulla loro trasmissione intergenerazionale. Essi costituiscono una variante degli atteggiamenti intergruppo (atteggiamenti verso un gruppo sociale e i suoi membri), in cui l’oggetto di valutazione è appunto costituito da un gruppo etnico differente da quello di appartenenza. 

 

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