Mindfulness e regolazione emozionale: teoria ed applicazioni

Il coltivare la Mindfulness o meditazione di consapevolezza è un interessante e profondo viaggio personale, di propria conoscenza e di propria scoperta. Quante volte svolgiamo un’azione senza rendercene conto, viviamo come se nella nostra mente ci fosse un pilota automatico a guidarci, una coazione a ripetere, un riflesso condizionato, come se fosse solo il cervello ad agire per noi? Quanto ci troviamo spiazzati di fronte ad un evento nuovo che ha richiesto un immediato tanto rigido, stereotipato e idiosincratico pregiudizio? Quel che è sicuro è che trarremmo molto più beneficio dall’esperienza se fossimo capaci di viverla in ogni singolo istante, acuendo tutte le nostre abilità percettive ed essendo vere e dirette calamite di informazioni. Quanto benessere indurremmo a noi stessi e agli altri se tutti fossimo più consapevoli della nostra esistenza?

Il termine “Mindfulness” deriva dalla lingua Pali, dove la parola Sati è stata combinata con Samprajanya, lemma che tradotto indica consapevolezza, prudenza, discernimento e conservazione: la fusione di tali vocaboli ha dato vita al concetto di Mindfulness, condizione che può essere coltivata e sviluppata attraverso la pratica meditativa. Sebbene per decenni la meditazione in sé sia stata, da parte della civiltà occidentale, superficialmente legata all’aspetto esoterico e a credenze religiose del mondo orientale, grazie a diverse decadi di ricerca clinica e sperimentale la Mindfulness, coltivabile attraverso l’atto meditativo, ha trovato una propria valenza epistemologica. In una sua opera del 1994 il Dottor Jon Kabat-Zinn, considerato uno dei massimi cultori della “scienza della Mindfulness”, la definì come “paying attention in a particular way: on purpose, in the present moment, and nonjudgementally” (trad. “prestare attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel presente e non giudicando”). Tali tre assiomi costituiscono il perno centrale di tutto il concetto di consapevolezza: questa intenzione e volontà di agire, questa attenzione necessaria e richiesta e tale atteggiamento non giudicante non sono processi o stadi indipendenti, ma aspetti interconnessi di un singolo processo ciclico che li coinvolge sinergicamente. Sebbene sembri simile al rinomato concetto psicologico di flow (Csikszentmihalyi, 1990) per molti aspetti, quali l’essere pienamente coinvolti, impegnati e assorti verso il proprio scopo, la Mindfulness aggiunge a tale focus attentivo la consapevolezza del mondo, e l'idea che si è diretti e veri protagonisti di un’esperienza che c’è, è presente, e che non è solo contestuale e strumentale all’obiettivo, ma è essa stessa un obiettivo.

 

I meccanismi cognitivi della Mindfulness

Prestare attenzione implica osservare ogni attività momento dopo momento, e riguarda sia l’esperienza esterna che soprattutto quella interna. Ecco il cuore della pratica Mindfulness: essa comincia prendendo consapevolezza della propria esperienza, osservando e accompagnando il cambiamento di pensieri, idee, sensazioni e sentimenti in ogni momento, grazie in particolar modo alla regolazione dell’attenzione.

Tale consapevolezza parte dalla cosiddetta sustained attention (Parasuraman, 1998; Posner & Rothbart, 1992), ovvero la capacità di mantenere il focus attentivo verso un solo oggetto per un lungo periodo di tempo. In particolare, uno dei più rinomati esercizi di meditazione suggerisce di concentrare l’attenzione sul proprio respiro, mantenendo il soggetto ancorato all’esperienza corrente così che pensieri, sentimenti e sensazioni possano essere rilevati per come effettivamente si presentano alle nostre abilità percettive, in quello che è l’enorme flusso di informazioni che in ogni istante ci colpisce. In questo esercizio Mindful molto diffuso anche in psicoterapia, viene consigliato di sedersi comodamente e di chiudere gli occhi, dirigendo la propria attenzione alle sensazioni fisiche del respiro ed essendo consapevoli di tale fenomeno. Non appena la mente inizia irrimediabilmente a divagare, il praticante non deve fare altro che accogliere tali pensieri, sentimenti e sensazioni e lasciarli subito andare, senza giudizio, per tornare alla consapevolezza del respiro e del proprio corpo. È possibile percepire l’aria carica di ossigeno che realmente entra attraverso le narici e scende verso l’addome, oppure sentire il torace che si espande ad ogni fenomeno respiratorio. Questo è un processo che porta ad una consapevolezza globale, l’ossigeno raggiunge ogni parte del corpo che ad ogni ispirazione si carica di energia.

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