Una finestra sulla creatività artistica: quando le malattie neurodegenerative diventano “creative”

Perciò, mentre gli studi di neuroimmagine sottolineano il ruolo dell’attivazione delle aree prefrontali destre, gli studi su casi di pazienti singoli citati suggeriscono che la creatività potrebbe essere proprio il risultato della degenerazione delle aree fronto-parieto temporali di sinistra che provocano anche il deterioramento delle abilità linguistiche. Pertanto, è possibile che la corteccia frontale destra rappresenti uno dei punti di una rete neurale che media i processi sottostanti alla creatività, mentre le aree del linguaggio dell’emisfero sinistro possono competere o interferire, a livello cognitivo, con la creatività. Di conseguenza, una degenerazione in queste aree nell’emisfero destro può provocare una diminuzione dei livelli di creatività, mentre se la degenerazione coinvolge le aree del linguaggio, situate nell’emisfero sinistro, la creatività potrebbe migliorare (Shamay-Tsoory et al., 2011).

Se è evidente che gli studi di neuroimaging possono dimostrare quali sono i network che si attivano durante i processi creativi, è comunque importante il ruolo degli studi di osservazione di casi clinici al fine di dimostrare effettivamente quale ruolo svolgano  le aree che sembrerebbero coinvolte nel pensiero divergente.

Conclusioni

Questo breve lavoro nasce nell’ottica di poter illustrare e comprendere cosa può cambiare nel cervello di persone con malattie neurodegenerative che iniziano a produrre “arte” oppure in artisti professionisti che sviluppano patologie neurologiche che come abbiamo visto possono alterare la qualità della loro produzione artistica. E’ noto che artisti di fama indiscussa abbiano sofferto di psicopatologie (come disturbi maniaco-depressivi e compulsioni) che hanno influenzato il loro lavoro e un esempio su tutti è stato Vincent van Gogh. E’ meno conosciuto, invece, il fatto che alcuni di questi famosi artisti abbiano sofferto di malattie neurologiche. Pensiamo, ad esempio, ai già citati, W. De Konig e Giorgio De Chirico, la cui storia ha aperto la strada a questo filone d’indagine.

La produzione artistica di alcuni pazienti neurologici rivela che anche quando è presente un danno localizzato o diffuso, oppure quando è presente un processo degenerativo, oppure ancora quando siamo di fronte a patologie psichiatriche, il pensiero divergente è comunque possibile. Recentemente, la letteratura neuroscientifica si è concentrata soprattutto su quali sono le aree cerebrali coinvolte in questo comportamento complesso, tipico dell’uomo. Tuttavia, molti aspetti restano ancora da studiare: perché alcuni pazienti sentono l’esigenza di “creare” dei manufatti artistici? Ma, soprattutto, come si spiega questo drive creativo all’interno di un quadro patologico come quello delle demenze?

Dal punto di vista delle neuroscienze, per le ricerche future, sarà interessante non solo individuare i circuiti neurali sottostanti il pensiero creativo divergente (e in tal senso gli studi di neuroimaging funzionale sono fondamentali) ma correlare tali risultati all’osservazione clinica e allo studio delle componenti bio-psico-sociali coinvolte nei processi cosiddetti “creativi”.

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