Stare bene a scuola. Il benessere percepito degli insegnanti di scuola secondaria di II grado

Il secondo fattore è la dimensione professionale. Essa comprende il grado di soddisfazione e coinvolgimento personali nel lavoro, le caratteristiche attribuite all’organizzazione di cui si fa parte e il riconoscimento sociale del proprio ruolo professionale. In questa categoria, una prima dimensione studiata in relazione al benessere degli insegnanti è la soddisfazione lavorativa: è la percezione di gratificazione e pienezza di senso in relazione alla propria esperienza lavorativa. Secondo Skaalvik e Skaalvik (2009), la soddisfazione degli insegnanti di scuola secondaria è tipicamente influenzata da tre elementi: il modo in cui è organizzato il lavoro (condizioni lavorative, autonomia organizzativa); alcune dimensioni cognitive (ad esempio, l’autoefficacia); alcune dimensioni affettive (emozioni, stress). Le associazioni con il benessere generale sono evidenti: essere soddisfatti del proprio lavoro riduce il rischio di cambiare mestiere, aumenta le emozioni positive nei confronti di docenti e studenti, e il senso di padronanza delle mansioni lavorative (Brunetti, 2006; Pisanti et al., 2003; Sann, 2003; Veldman et al., 2016). Un altro costrutto di particolare rilevanza per il benessere lavorativo è il grado di engagement, cioè il livello di coinvolgimento fisico, cognitivo ed emotivo nel lavoro (Schaufeli & Bakker, 2004). Un costrutto simile, nato nel solco della psicologia positiva, è il flow (Csikszentmihalyi & Csikszentmihalyi, 1992), ovvero la sensazione di totale assorbimento esperita dall’individuo quando intraprende un’attività per lui stimolante e gratificante. Il senso di coinvolgimento/assorbimento ha importanti ricadute dal punto di vista personale e relazionale: insegnanti di scuola secondaria con alti livelli di engagement, infatti, riconoscono i colleghi e il dirigente come fonti di empatia e supporto, e docenti con alti livelli di flow si sentono più efficaci nel loro lavoro e più in grado di controllare e gestire le sfide quotidiane a scuola, rispetto a colleghi meno coinvolti (Eldor & Shoshani, 2016; Rodríguez-Sánchez et al., 2011). Il terzo costrutto relativo al benessere professionale è di natura più organizzativa, e riguarda l’autoefficacia collettiva. La dimensione collettiva dell’autoefficacia misura le capacità che ogni lavoratore attribuisce alla propria organizzazione nel gestire mansioni quotidiane, rapporti con l’esterno e situazioni difficili (Bandura, 1977). Nel caso degli insegnanti, essa riguarda l’abilità della scuola di organizzarsi e agire a favore della crescita e dell’educazione degli studenti (Hoy et al., 2006). L'efficacia collettiva è influenzata dalle esperienze provate a scuola: ad esempio, aver perseguito un obiettivo con successo, aver portato a termine un progetto, aver ricevuto supporto dai colleghi o dalla dirigenza (Goddard & Goddard, 2001). Non solo, è legata al modo con cui gli eventi sociali e politici cambiano la percezione della scuola e degli insegnanti, o la loro organizzazione: tipicamente, l’efficacia collettiva degli insegnanti si riduce quando l’istituto di cui fanno parte sembra non riuscire a gestire cambiamenti nelle politiche educative in seguito alle riforme (Moè et al., 2010). Al contrario, quando sentono di far parte di un’istituzione che ‘funziona’, il benessere soggettivo dei docenti cresce, così come la resilienza rispetto ad eventi negativi, la motivazione professionale e la performance lavorativa (e.g., Caprara et al., 2003; Woolfolk-Hoy & Davis, 2005).

Infine, la terza dimensione riguarda i fattori relazionali del benessere a scuola, e comprende la qualità delle relazioni con l’amministrazione, i colleghi e gli studenti, e il vissuto emotivo associato (e.g., Gergen, 2009). Questa dimensione risponde più direttamente alla necessità di approfondire le implicazioni emotive dell’insegnamento nella scuola secondaria. Secondo Hargreaves (1998), infatti, insegnare genera emozioni. Una delle grandi sfide dell’insegnamento è quindi, a prescindere dal livello scolastico, gestire le emozioni, per metterle a servizio della pratica lavorativa (e.g., Chang, 2013). Nelle scuole secondarie, questa abilità assume una particolare rilevanza: le richieste emotive tipiche dello studente adolescente, infatti, possono originare nell'insegnante problemi di gestione delle proprie emozioni e reazioni, generando una sorta di “altalena affettiva”, che interferisce sulla pianificazione e la gestione delle normali attività didattiche della classe (Sutton & Wheatley, 2003). Le esigue ricerche a disposizione in quest’ambito mostrano che docenti in grado di regolare le proprie emozioni riescono anche a intrattenere relazioni migliori con studenti, colleghi e dirigenza, mostrandosi più supportivi ed empatici (Brackett et al., 2010; Chan, 2004) e riportano alti livelli di benessere personale (Buonomo et al., 2017; Yin et al., 2016).Di fatto, una buona regolazione emotiva consente ai docenti di gestire meglio non solo le relazioni a scuola, ma anche gli imprevisti e gli eventi stressanti che si verificano quotidianamente (Sutton, 2004). Infatti, la capacità dell’insegnante di avvertire, interpretare e regolare le proprie emozioni ne influenza gli stili cognitivi e attribuzionali, ad esempio modificando le rappresentazioni causali degli eventi in classe, la capacità di giudizio e di gestione della classe (e.g., Brackett et al., 2010; Di Fabio & Palazzeschi, 2008). In altre parole, mostrare una buona regolazione emotiva e gestire in modo ottimale le relazioni a scuola aumenta la probabilità di superare con successo i compiti educativi e organizzativi richiesti ai docenti (Brackett, et al., 2010; Fredrickson, 2001). Le emozioni provate ed espresse a scuola, infatti, sono associate all’autoefficacia personale (Burić & Macuka, 2017) e collettiva (Klassen et al., 2010) e alla soddisfazione lavorativa (Brackett et al., 2010).

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