Quando la deumanizzazione ferisce: Attribuzioni di umanità e violenza

Deumanizzazione e violenza

L’aspetto più insidioso della deumanizzazione è rappresentato dalle conseguenze negative che può produrre. Infatti, assegnare all’outgroup uno status umano inferiore produce una serie di effetti dannosi, come: minore empatia (Čehajić, Brown, & González, 2009), minori intenzioni di aiuto (Cuddy, Rock, Norton, 2007; Vaes, Paladino, Castelli, Leyens, & Giovanazzi, 2003), maggiore discriminazione (Pereira et al., 2009). Fra tutte le conseguenze sfavorevoli la più pericolosa è l’inclinazione a commettere atti violenti ai danni dell’outgroup deumanizzato. Le società sono regolate da una serie di norme che determinano quali comportamenti siano o meno accettabili o desiderabili. Quando l’individuo percepisce che il proprio comportamento viola gli standard morali della società si innescano una serie di sanzioni psicologiche, come vergogna e senso di colpa, che servono a riportare il comportamento in accordo con le norme morali. Deumanizzazione e violenza sono dunque due processi legati tra loro: la negazione di una piena essenza umana disinnesca le sanzioni morali, rendendo accettabile l’uso della violenza (Bandura, 1999). Castano e Giner-Sorolla (2006) hanno inoltre dimostrato che la deumanizzazione svolge la funzione di giustificare le violenze perpetrate da altri membri dell’ingroup. In tre studi, hanno presentato ai partecipanti un racconto (storico o di fantasia) in cui lo sterminio dei membri di un outgroup era attribuito all’ingroup o ad un evento accidentale (ad es., epidemia). In tutti e tre gli studi, le vittime venivano deumanizzate quando la responsabilità era attribuita all’ingroup; la negazione di una piena umanità alle vittime serviva, quindi, a proteggere l’immagine dell’ingroup e a sollevarlo da ogni responsabilità morale.

Nel secondo studio, il nostro obbiettivo era di indagare se la deumanizzazione fosse associata ad azioni violente nei confronti dell’outgroup; si è considerato anche il ruolo che in questa relazione ha una variabile di differenza individuale: l’efficienza delle funzioni esecutive. In psicologia, con funzioni esecutive si intende una serie di processi che sono responsabili del controllo dell’azione (Miyake & Friedman, 2012). Esse sono fondamentali nei meccanismi di regolazione del proprio comportamento. Una espressione delle funzioni esecutive è la capacità di sopprimere le risposte automatiche; ad esempio, di sopprimere l’impulso di mangiare un dolce quando si è a dieta o, nel nostro caso, l’impulso a sparare ad un target deumanizzato e percepito come violento.

Ipotizziamo che la deumanizzazione sia associata all’aggressione nei confronti dell’outgroup solo nei partecipanti con un basso controllo del proprio comportamento. I partecipanti con funzioni esecutive efficienti, invece, dovrebbero essere in grado di inibire le reazioni aggressive nei confronti dell’outgroup deumanizzato.

Lo studio era strutturato in due parti. Nella prima, i partecipanti eseguivano uno Stroop Task (si veda glossario), utilizzato per misurare l’efficienza delle funzioni esecutive. In questa prova, i partecipanti dovevano indicare, il più velocemente possibile, il colore con cui erano scritti stimoli target. Gli stimoli erano o nomi di colori (rosso, blu, verde, giallo) o una stringa di X. Le prove compatibili erano quelle in cui vi era coerenza tra il significato della parola e il colore in cui era scritta (ad es., ROSSO scritto in rosso). Le prove incompatibili erano quelle in cui vi era incoerenza tra significato e colore (ad es., ROSSO scritto in verde). Le prove neutre erano quelle relative alla stringa di X scritta nei quattro colori. Si calcola una misura di interferenza, che corrisponde alla differenza tra i tempi di risposta relativi alle prove incompatibili e i tempi di risposta relativi alle prove compatibili. Più elevato il punteggio, minore è la capacità di inibire il significato della parola, minore è l’efficienza delle funzioni esecutive.

Nella seconda parte dell’esperimento, i partecipanti completavano prima una misura implicita di umanità; si è usato, a questo proposito, il Single Category Implicit Association Test (SC-IAT; Karpinski & Steinman, 2006; si veda glossario). Successivamente, eseguivano uno Shooter Task (si veda glossario), che misurava la tendenza ad aggredire l’outgroup. Lo SC-IAT è una tecnica che consente di misurare la forza dell’associazione automatica fra il gruppo target (marocchini) e l’animalità. Più elevato il punteggio, maggiore la deumanizzazione dei marocchini. Nello Shooter Task, ai partecipanti si chiedeva di sparare a target armati (volti seguiti da immagini di armi), premendo un tasto, e di non sparare a target non armati (volti seguiti da immagini di utensili), premendo un tasto diverso. Per rendere più realistica la simulazione dell’interazione, alla pressione del tasto era associato il suono di uno sparo.

Le ipotesi sono state confermate. Infatti, si è trovato che la deumanizzazione era associata ad una tendenza a sparare con maggiore rapidità a target armati dell’outgroup che a target armati dell’ingroup. Questo risultato riguardava, comunque, solo i partecipanti con basso controllo del proprio comportamento (alto punteggio nel compito Stroop). Lo stesso effetto non è emerso nei partecipanti con funzioni esecutive efficienti.

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