L’Influenza delle Minoranze. Cambiamento Sociale o Preservazione dello Status Quo?

Il contesto normativo rappresenta un altro fattore importante affinché si verifichi cambiamento sociale. In modo particolare, una minoranza ha più possibilità di ottenere il suo effetto quando opera in linea con lo zeitgeist prevalente (vedi glossario). Questa idea è supportata da una serie di studi svolti da Geneviève Paicheler (1976; 1977), la quale ha rilevato come l’influenza minoritaria fosse facilitata quando il clima normativo del contesto in cui la minoranza operava si stava evolvendo in linea con la sua posizione (vedi anche Clark, 1988; 1990). Tuttavia, non tutti i teorici dell’influenza sociale sono d’accordo con questa idea. Mugny e Pérez (1991) ad esempio hanno sostenuto che, al fine di ottenere il suo effetto, una minoranza dovrebbe convergere con le sue argomentazioni su un principio normativo di ordine superiore, che sia condiviso tanto dalla maggioranza quanto dalla minoranza stessa. Quale che sia l’effetto ottenuto, comunque, il legame tra lo zeitgeist e l’influenza minoritaria non sembra essere in discussione, anche se forse sarebbe più corretto parlare appunto di legame che di rapporto causale.

Un ulteriore aspetto che determina il successo dei tentativi di cambiamento sociale istigati dalle minoranze è legato all’appartenenza della fonte stessa all’ingroup piuttosto che all’outgroup (vedi glossario). Infatti, i gruppi sociali minoritari possono differenziarsi dalla maggioranza soltanto per la propria posizione, oppure anche perché appartengono ad una categoria completamente differente. Alvaro e Crano (1997; vedi anche Crano & Alvaro, 1998) hanno mostrato come le minoranze ingroup ottengono effetti maggiori di quelle appartenenti all’outgroup: gli autori attribuiscono questo impatto differenziale al fatto che, essendo membri dello stesso gruppo dei riceventi del messaggio, le minoranze ingroup vengono trattate in modo più indulgente (quello che definiscono leniency contract). Dunque, questa indulgenza favorirebbe un atteggiamento di apertura all’ascolto della posizione minoritaria e, di conseguenza, il cambiamento di atteggiamento sulle misure indirette di influenza sociale. Tuttavia, non tutte le ricerche convergono con questi risultati (ad es., Clark & Maass, 1988a; 1988b). Così come non tutte le ricerche indicano che le minoranze sono portatrici di innovazione e cambiamento sociale. 

Le Minoranze come Forze Conservatrici

“Poche mani, non sorvegliate da controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa”

(Antonio Gramsci)

A partire dal titolo del saggio più famoso di Serge Moscovici, “Social influence and social change” (1976), la gran parte delle ricerche sull’influenza minoritaria hanno focalizzato l’attenzione sul potenziale innovativo e sovversivo di queste fonti. Una tale corrispondenza tra minoranze e cambiamento sociale è stata sicuramente favorita dalla definizione delle prime come di gruppi dotati di poco potere e basso status nel panorama delle relazioni sociali. Implicitamente, dunque, la vocazione delle minoranze attive è stata identificata con la loro tendenza a sovvertire l’ordine sociale esistente al fine di migliorare una condizione insoddisfacente. Una siffatta considerazione ha però portato a trascurare l’analisi delle situazioni nelle quali le minoranze assumono un ruolo attivo nella difesa dello status quo e concorrono quindi alla stabilità sociale.

Una prima e forse ovvia circostanza nella quale una minoranza è interessata a mantenere lo status quo piuttosto che a produrre cambiamento sociale è rappresentata dalla situazione in cui la minoranza stessa occupa una posizione di potere, elitaria. Si pensi ad esempio alle lobby di potere di un determinato settore commerciale – ad esempio, il settore petrolifero – oppure alla casta politica: si tratta di situazioni nelle quali una minoranza numerica, dotata di alto potere, è interessata a mantenere inalterato l’ordine delle cose piuttosto che a sovvertirlo. D’altro canto, i teorici dell’identità sociale (Tajfel & Turner, 1979) avevano ipotizzato questa situazione quando avevano introdotto il concetto di motivazione alla protezione dello status, una motivazione per l’appunto tipica dei gruppi di alto status sociale che li spinge ad agire in ottica conservatrice nelle situazioni in cui sentono possibile un’alterazione delle relazioni intergruppi esistenti (si vedano anche Blumer 1958; LeVine & Campbell 1972; Levine & Kaarbo 2001).

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