L’Influenza delle Minoranze. Cambiamento Sociale o Preservazione dello Status Quo?

Come accennato in precedenza, l’insoddisfazione di Moscovici rispetto a un modello unidirezionale di influenza sociale, che vedesse la maggioranza come unica possibile fonte, era relativa all’impossibilità di un tale approccio di rendere conto dei processi di cambiamento sociale. Sulla base di questa idea, a partire dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso l’autore ha messo a punto una serie di ricerche divenute molto note, i risultati delle quali davano sostegno all’idea che anche le minoranze potessero esercitare un’influenza sovversiva sulle opinioni prevalenti. Attraverso un paradigma di ricerca conosciuto come il paradigma blu-verde (Moscovici, Lage, & Naffrechoux, 1969; vedi glossario), Moscovici e colleghi dimostrarono che una minoranza era in grado tanto quanto una maggioranza di produrre influenza su un individuo. Anzi, in maniera sorprendente, gli effetti ottenuti da una fonte minoritaria sembravano perdurare maggiormente nel tempo ed essere più profondi di quelli ottenuti dalla maggioranza, in quanto il comportamento dei bersagli si allineava alla fonte minoritaria anche in forma privata. Inoltre, studi successivi mostrarono che l’influenza delle minoranze non si manifestava in forma diretta, sul tema proposto dalla fonte, bensì in forme indirette, su temi collegati da uno stesso principio organizzatore. Ad esempio, in uno studio di Pérez e Mugny (1987) è stato chiesto ai partecipanti di leggere un messaggio a favore della legalizzazione dell’aborto, attribuito a seconda della condizione sperimentale o a un rappresentante della maggioranza o a un portavoce di una minoranza. Successivamente i partecipanti dovevano esprimere il loro atteggiamento non solo verso l’aborto, ma anche su un tema correlato ad esso, la contraccezione. I risultati hanno mostrato che la fonte maggioritaria otteneva un consenso più ampio rispetto al tema dell’aborto, mentre la fonte minoritaria otteneva un consenso più ampio sul tema della contraccezione. Questo prevalere dell’influenza indiretta, privata rispetto all’adesione manifesta e pubblica è stato definito conversione (Moscovici, 1976; 1980). Una tale conversione indiretta, trasposta nel tempo e dunque meno visibile dell’influenza esercitata dalla maggioranza sembra essere determinata dal fatto che le minoranze suscitano sentimenti ambivalenti nei propri confronti (Mucchi Faina, 2009; Mucchi Faina, Pacilli & Pagliaro, 2011; Mucchi Faina e Pagliaro, 2008): infatti, le persone considerano le minoranze coraggiose in quanto riescono a rompere il consenso maggioritario, ma al tempo stesso hanno paura di essere identificate con le stesse per non essere etichettate come devianti. Dunque, un cambiamento nascosto in linea con le opinioni della minoranza può rappresentare una strategia utile, anche se non consapevole, per superare questa impasse.

Le Minoranze come Promotrici di Cambiamento Sociale

“Non ci vuole una maggioranza per prevalere ma piuttosto una ordinata, instancabile minoranza, desiderosa di accendere focolai di libertà nelle menti degli uomini”

(Samuel Adams)

Le minoranze possono dunque rappresentare una fonte potente di influenza sociale, ma quando e perché ottengono il loro effetto? In primo luogo, il cambiamento sociale può verificarsi quando le minoranze sono nomiche, ovvero quando si presentano come ordinate, dotate di un sistema normativo, di idee chiare e coerenti in netta contrapposizione con la posizione della maggioranza (Moscovici, 1976). Al contrario, le minoranze anomiche sono destinate al fallimento in quanto, non presentando un sistema interno coerente di norme né un’alternativa chiara all’idea della maggioranza sono viste semplicemente come portatrici di una posizione deviante. Anche altre caratteristiche contestuali sembrano facilitare i processi di influenza minoritaria, quali ad esempio la presenza di un leader forte (Lortie-Lussier, 1987; Papastamou, 1985) o la somiglianza tra la fonte minoritaria e il bersaglio di influenza (David & Turner, 1996; 1999).

Nella teorizzazione di Moscovici (1976), l’impatto che ottengono le minoranze sembra dipendere in maniera determinante dallo stile di comportamento che queste adottano. In modo particolare, affinché si verifichi un processo di cambiamento sociale le minoranze devono mantenere uno stile di comportamento saldo e coerente sia in senso sincronico – ovvero, le minoranze devono mostrarsi unite e coerenti al loro interno – sia in senso diacronico – ovvero, le minoranze devono mostrare la propria coerenza nel tempo. Una tale coerenza, caratterizzata dal rifiuto di ogni compromesso con la maggioranza, sarebbe un segno di forza e rispettabilità, rompendo il consenso sociale e mostrando coraggio e determinazione (Maass & Clark, 1984; per una rassegna, Wood, Lundgren, Ouellette, Busceme, & Blackstone, 1994). Sebbene la coerenza del comportamento sia stata identificata come una determinante fondamentale dell’impatto delle minoranze sul cambiamento sociale, studi successivi hanno rilevato come altri stili di comportamento possano essere altrettanto importanti. Tra questi, lo stile improntato all’autonomia, intesa come indipendenza di giudizio, quello legato all’equità, che tiene conto in maniera imparziale delle posizioni diverse dalla propria, quello rigido, manifestazione di assoluto rifiuto del compromesso.

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