La rilevanza della ricerca in psicologia sociale: Un problema che ci stiamo lasciando alle spalle

Quando fare ricerca significava produrre cambiamenti

Alcuni anni fa mi è capitato di dover curare per il lettore italiano la traduzione del volume di Aronson (2006) “L’animale sociale”. Durante il lavoro di editing del testo rimasi colpito dalle straordinarie capacità di narratore dell’illustre collega americano il quale riusciva a introdurre il lettore ai temi più complessi e concettualmente più impegnativi con la leggerezza e la familiarità del linguaggio quotidiano. Valga per tutte, la piacevole trattazione dei processi di auto-persuasione, invocati per affrontare problemi legati all’ambiente e al risparmio delle risorse naturali (Dickerson, Thibodeau, Aronson e Miller, 1992): Si trattava di rendere le persone coinvolte nell’indagine consapevoli della distanza che separavano i loro convincimenti, quelli che non temevano di proporre anche agli altri, dai reali comportamenti. L’occasione per affrontare il tema di ricerca si era presentata in concomitanza con un preoccupante periodo di siccità che aveva colpito la California, stato in cui all’epoca insegnava Aronson.

L’amministrazione pubblica stava tentando in tutte le maniere di convincere gli studenti, come tutti gli altri cittadini, ad economizzare l’acqua, ad esempio sollecitandoli a fare delle rapide docce e a evitare sprechi: Purtroppo i tentativi basati sul convincimento diretto ed esplicito avevano avuto scarsi effetti. 

L’intervento proposto da Aronson si basò su due fasi: Nella prima i partecipanti appartenenti alla condizione sperimentale erano invitati ad impegnarsi pubblicamente per convincere gli altri ad adottare dei comportamenti favorevoli al risparmio di acqua, nella seconda essi erano resi consapevoli di quanto poco le loro abitudini fossero coerenti con gli inviti che essi facevano agli altri. Come è facile immaginare si trattava di una situazione in cui il partecipante sperimentava una spiacevole sensazione di ipocrisia (predico bene e razzolo male). Concretamente, lo studente era raggiunto mentre si recava al bagno per farsi una doccia dopo una giornata di studio. Un collaboratore dello sperimentatore chiedeva al partecipante di sottoscrivere un appello a favore del risparmio d’acqua. Il poster pubblicitario conteneva una frase ad effetto: “Fai docce più brevi. Ci sono riuscito io, perché non dovresti riuscirci anche tu?” Dopo che lo studente aveva effettuato la sottoscrizione, impegnandosi a rendere pubblica la propria posizione a favore del risparmio d’acqua, doveva rispondere ad una serie di domande riguardanti le abitudini quotidiane di consumo energetico: era questa la seconda fase, quella in cui il partecipante si rendeva conto e doveva ammettere di aver consumato più acqua del necessario, facendo docce lunghe e dispendiose. In una condizione di controllo, i partecipanti che avevano firmato la petizione non erano successivamente interrogati a proposito dei loro consumi d’acqua e quindi non diventavano consapevoli della discrepanza tra gli inviti al risparmio proposti agli altri e le loro personali abitudini. Infine, ogni studente era monitorato dopo la entrata nella doccia, misurando il tempo in cui teneva aperti i rubinetti per fare scendere acqua. Questa variabile dipendente, ossia la lunghezza del tempo destinato a fare la doccia rappresentava un interessante indice del grado in cui la percezione di ipocrisia che nasceva dal confronto tra inviti al risparmio destinati agli altri e consapevolezza dei propri sprechi, poteva indurre cambiamenti comportamentali. Con soddisfazione Aronson vedeva confermate le sue previsioni, dato che i partecipanti del gruppo sperimentale, a differenza di quelli del gruppo di controllo, facevano delle docce incredibilmente brevi, tre minuti e mezzo, rispetto agli standard seguiti nel passato. Il suggerimento che lo psicologo statunitense offriva era allora il seguente: Se volete indurre un risparmio d’acqua, non perdete tempo a convincere in maniera diretta le persone, ma ponetele in una situazione in cui esse possano verificare l’ipocrisia delle loro posizioni, a fronte dei tentativi che esse fanno per convincere gli altri ad adottare condotte favorevoli al risparmio. Sarà questa situazione che produrrà con più forza una spinta a manifestare coerenza nei comportamenti adottati rispetto agli inviti rivolti agli altri.

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