“La malattia fatta persona”. Uno sguardo sulla biologizzazione

Nel gennaio 2017, il movimento politico di estrema destra Forza Nuova innescò, tramite un post condiviso su Facebook,una discussa diatriba sul legame tra la diffusione del batterio della meningite e lo sbarco dei migranti. L’immagine postata sul social network mostrava una persona con le mani sulle tempie ed era accompagnata dallo slogan: Meningite: tutti sappiamo da dove arriva. Basta accoglienza killer. Per Forza Nuova ci sarebbe una “conclamata origine sub sahariana della meningite” ed è proprio tramite l’accoglienza che “i politicanti traditori uccidono il nostro popolo”. In realtà, secondo gli esperti non c’è nessun collegamento tra le ondate migratorie e i casi di meningite registrati in Italia, prima di tutto perché in Africa è diffuso il meningococco di tipo A, mentre in Italia si sono verificati finora soltanto casi di infezione riconducibili ai ceppi B e C; in secondo luogo perché il meningococco non lo “importiamo” dall’Africa ma è già presente in Europa: secondo l’Istituto Superiore di Sanità, nel nostro Paese ci sono tra i 5 e i 10 milioni di portatori sani di meningococco ed è quindi più probabile essere contagiati da un italiano piuttosto che da un migrante (Mammone, 2017).

Più recentemente, in seguito alla morte di una bambina di 4 anni avvenuta all’ospedale di Brescia per malaria cerebrale, alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia del decesso facendo ricorso a titoli esplicitamente accusatori nei confronti degli immigrati. Senza alcun tipo di riscontro oggettivo, nell’edizione del 6 settembre 2017, Il Tempo ha descritto l’episodio presentando ai lettori “la malaria dei migranti”; in maniera analoga, Libero ha parlato di Sofia, “la bambina infettata dagli africani” che, “dopo la miseria, portano le malattie”. Le cause del contagio sono in realtà ancora sconosciute. La presenza di malaria in un determinato territorio corrisponde a una serie di variabili, tra le quali l’esistenza di vettori, in Italia molto scarsi, la presenza di un cospicuo numero di malati, dato del tutto assente nel nostro Paese, e la mancanza di un sistema sanitario capillarmente attivo, situazione, questa, che non rispecchia in nessun modo quella italiana; in questi decenni, infatti, il Servizio Sanitario Nazionale ha garantito l’impossibilità per qualsiasi focolaio di malaria di svilupparsi e arricchirsi (Spinazzola, 2017).

La strategia comunicativa adottata da Forza Nuova e dai quotidiani sopracitati non prevede nulla di insolito: quello dell’untore straniero che sparge i suoi germi è uno dei miti che fa più presa, perché fa leva sul disgusto e sulla paura. In ambito psicosociale, l’uso di metafore organizzate intorno ai nuclei della malattia e della protezione dell’igiene pubblica è uno dei molteplici modi nei quali può manifestarsi la deumanizzazione, un processo che implica la negazione dell’umanità dell’altro – individuo o gruppo – introducendo un’asimmetria tra chi gode delle qualità prototipiche dell’umano e chi ne è considerato privo o carente (Volpato, 2011). In particolare, si parla di biologizzazione per definire quella forma di deumanizzazione che trasforma l’altro in microbo, virus, pestilenza, sporcizia, inquinamento (Volpato, 2011; Volpato & Andrighetto, 2015). In letteratura, diversi autori (Hirsh & Smith, 1991; Savage, 2007; Sontag, 1978) hanno mostrato che la biologizzazione è stata utilizzata soprattutto dalle autorità per giustificare atti di violenza estrema. Secondo Savage (2007), le metafore che trasformano il nemico in virus o contagio sono funzionali alla giustificazione di violenze collettive in quanto estremizzano la pericolosità dell’altro. Il Mein Kampf – il saggio pubblicato nel 1925 attraverso il quale Adolf Hitler espose il suo pensiero politico – descrive gli ebrei come parassiti, bacilli, microbi dannosi, come un cancro che infetta il corpo dell’umanità. Da un’analisi condotta sulle sue pagine, è emerso che Hitler deumanizzava ossessivamente i gruppi nemici (Capozza & Volpato, 2004). Nel testo hitleriano, per descrivere ebrei e marxisti, accanto al registro animale (sono paragonati a iene, serpenti, vipere), viene impiegato il registro biologico (si usano termini quali: pestilenza, bacilli, malattia, virus, intossicazione, contagio, infezione). Analogamente, da un’analisi svolta su La difesa della razza, rivista di propaganda fascista pubblicata dal 1938 al 1943, è emerso che gli ebrei sono paragonati non solo ad animali (avvoltoi, topi, serpi) e demoni (diavoli, uccisori di Dio), ma anche a elementi patologici (bacilli, piaga, morbo, veleno; Volpato & Durante, 2003); un’ulteriore osservazione dell’apparato iconografico ha, inoltre, mostrato come gli ebrei vengano raffigurati con modalità particolarmente creative: un’efficace metafora visiva li riassume nella “macchia” che contamina i simboli della romanità (Volpato, 2011; Volpato, Durante, Gabbiadini, Andrighetto, Mari, 2010). Più recentemente, Steuter e Wills (2010) hanno analizzato il linguaggio utilizzato dai media occidentali dopo l’attentato dell’11 settembre trovando che i terroristi sono spesso associati a virus e bacilli, descritti tramite metafore legate alla contaminazione.

Autore/i dell'articolo

Parole chiave dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook