La comunicazione non verbale. Caratteristiche e funzioni

Il modo in cui i segnali non verbali vengono elaborati in contesti persuasivi possono anche modificare la relazione tra questi segnali e l'influenza sociale a lungo termine. Il classico lavoro di Petty e Cacioppo (1986) sul modello di probabilità di elaborazione della persuasione suggerisce che i segnali non verbali possono essere elaborati in due modi: attraverso un percorso centrale o uno periferico. Attraverso un percorso centrale le informazioni e il comportamento con cui esse vengono presentate vengono elaborati attentamente, considerando pertinenza e congruenza, mentre l'elaborazione attraverso percorsi periferici implica l'assegnazione di un semplice significato, ad esempio l'aspetto, senza una valutazione di esso. I segnali non verbali possono essere elaborati in entrambi i modi. Ad esempio, un elettore potrebbe valutare attentamente le espressioni facciali di un candidato politico per cercare di determinare se il candidato si preoccupa veramente delle questioni che sta discutendo (elaborazione centrale), oppure l'elettore può semplicemente notare se il candidato sorride e deduce che è una persona amichevole (elaborazione periferica). L'influenza sociale a lungo termine è più probabile quando le informazioni vengono elaborate centralmente. Eppure, in alcuni casi, anche le valutazioni fatte attraverso il percorso periferico (a volte anche con un’esposizione molto veloce agli stimoli non verbali) possono influenzare i comportamenti dei riceventi (es. l’influenza di valutazioni di competenza attraverso l’esposizione ai volti dei politici sui comportamenti di voto nella ricerca di Todorov, Mandisodza, Goren, & Hall, 2005). Tuttavia, i segnali elaborati perifericamente possono portare a percezioni di credibilità, che a sua volta possono influenzare il processo di persuasione (Burgoon, Birk, & Pfau, 1990). Nell’ambito della comunicazione politica, i segnali non verbali come le espressioni facciali, i gesti delle mani, l’aspetto fisico, i picchi vocali fungono da segnali euristici che influenzano giudizi di credibilità e a volte preferenze di voto (Maricchiolo & Bonaiuto, 2011; Maricchiolo, Bonaiuto, & Gnisci, 2014).

 

Menzogna

La menzogna fa parte delle funzioni della comunicazione e può assumere le caratteristiche della comunicazione persuasiva (Caso, Maricchiolo, Bonaiuto, Vrij, & Mann, 2006), in cui i comunicatori costruiscono consapevolmente un messaggio per promuovere una falsa convinzione o conclusione. Cioè, violano in modo segreto le massime di Grice del discorso cooperativo (Grice, 1989) secondo cui, le persone, quando comunicano fra loro, assumono come vero quanto l’altro sta dicendo. Chi mente deve far credere al destinatario che egli crede in quello che ha detto in quanto conforme allo stato delle cose, ossia che abbia rispettato la regola della sincerità. La menzogna è una forma deliberata di comunicazione. La finalità ingannevole è importante per il mentitore, ma non è nota al destinatario. La menzogna è dunque un’azione comunicativa complessa nella quale sono coinvolti due processi fondamentali, quello cognitivo e quello emotivo. L’elaborazione cognitiva riguarda l’invenzione del racconto falso che richiede un certo sforzo (carico cognitivo), le emozioni che accompagnano l’invenzione di un fatto possono essere di diversa natura: principalmente c’è la paura di essere scoperti, ma anche vergogna, rabbia, che spesso sono legate alle motivazioni che portano a mentire, anche bisogno di piacere e dare una buona immagine di sé.

Sebbene sia stata condotta una notevole ricerca sui segnali non verbali della menzogna, praticamente tutti gli studiosi in questo campo notano che nessun singolo segnale può essere un indicatore affidabile di menzogna (Vrij, 2006).

I segnali non verbali possono aiutare a rivelare i due processi in azione, cognitivo ed emotivo, specialmente nei casi di incongruenza tra verbale e non verbale. Il carico cognitivo dell’invenzione di una storia alternativa porta a una diminuzione generale dei movimenti del corpo e dei movimenti oculari, dei gesti delle mani con un referente concreto (iconici, gesti di indicare, ecc.), un aumento dei gesti metaforici che indicano una difficoltà di elaborazione e richiamo lessicale (Caso et al., 2006). Le emozioni posso essere indagate attraverso le espressioni facciali delle emozioni di base, le quali sono universali e ci indicano cosa prova il soggetto mentre sta parlando. Durante la menzogna esse sono controllate, ma possono manifestarsi attraverso micro-espressioni facciali (espressioni della durata di meno di 1 secondo, Ekman, 2009). È difficile individuare, riconoscere e interpretare le micro-espressioni, è necessario un training attraverso l’analisi dei segnali facciali rapidi (contrazioni dei muscoli del viso: frontali, sovraoculari, orbicolari, zigomatici, ecc.). Anche se, le espressioni delle emozioni possono anche essere simulate o dissimulate, ma in questi casi coinvolgono muscoli diversi rispetto alle espressioni autentiche (es. sorriso simulato, dolore, ecc.), le micro-espressioni possono sfuggire al controllo, soprattutto quando il livello di arousal emotivo è molto forte. Una volta individuate, anche attraverso le micro-espressioni, le emozioni che accompagnano un enunciato verbale, se queste sono incoerenti con il contenuto del racconto, è possibile pensare che l’emittente stia mentendo, in quanto si può individuare un’emozione di fondo che può far risalire alla motivazione che sta dietro alla menzogna.

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