Il Potere delle Parole: Gli Effetti Negativi delle Etichette Denigratorie

Nel caso delle etichette riferite agli Afro-Americani, è stato dimostrato che l’esposizione al termine negro può cambiare il modo in cui le persone esposte a tale etichetta percepiscono e valutano la persona offesa. Ad esempio,sentire qualcuno etichettare un Afro-Americano con il termine negro può dar luogo ad una valutazione più negativa dell'individuo (Greenberg & Pyszczynski, 1985). In una situazione molto simile, è stato dimostrato che l’essere esposti ad un epiteto razzista rivolto un avvocato Afro-americano che difende un imputato Caucasico produce negli spettatori una svalutazione delle competenze dell’avvocato e dà luogo a verdetti di colpevolezza più severi per l'imputato (Kirkland, Greenberg, & Pyszczynski, 1987). Risultati simili sono emersi anche per le etichette denigratorie in contesti professionali. È questo il caso di epiteti quali strizzacervelli, comunemente utilizzato per indicare psicologi e psichiatri: in altre parole, sentire un professionista etichettato in modo denigratorio discredita la sua competenza e influenza negativamente l’intenzione delle persone a richiedere la sua consulenza (Gadon & Johnson, 2009).

Recentemente, un nuovo filone di ricerca si è occupato degli epiteti omofobi. In particolare, studi condotti in Italia hanno messo a confronto l’utilizzo di etichette neutre per definire un gruppo sociale (gay e omosessuale) con l’utilizzo di etichette denigratorie quali frocio e culattone. In questi studi le etichette erano semplicemente presentate in forma scritta oppure in modo subliminale, cioè presentate rapidamente, al di sotto della soglia di riconoscimento e dunque non consapevolmente percepibili dal partecipante. I risultati hanno evidenziato che le etichette omofobe, rispetto a quelle neutre, determinano reazioni automatiche di evitamento (Carnaghi & Maass, 2006) e pregiudizio (Carnaghi & Maass, 2007). Allo stesso tempo, gli effetti degli epiteti omofobi possono andare oltre la semplice valutazione negativa e portare alla deumanizzazione degli omosessuali (Fasoli, Carnaghi, & Paladino, 2012). In particolare, gli eterosessuali, quando esposti al termine frocio, piuttosto che gay, tendono a percepire gli omosessuali come meno umani e a mantenere una maggiore distanza fisica nell'interazione con un membro di questo gruppo (Fasoli et al., 2012).

Esistono poi tipologie di etichette i cui effetti sugli spettatori non sono stati ancora approfonditi: è questo il caso di termini che si riferiscono alla forma fisica, come può essere il peso, o di natura sessista. Le poche ricerche sulle etichette denigratorie legate al peso (Brochu & Esses, 2011; Smith, Schmoll, Konik, & Oberlander, 2007; Vartanian, 2010) hanno preso in considerazione parole quali grasso e obeso, che di per sé non sono denigratorie, come potrebbe invece essere l’etichetta ciccione. Ciononostante, gli studi condotti hanno dimostrato che termini come grasso o obeso hanno un effetto più negativo rispetto a parole con una connotazione neutra come sovrappeso. In particolare, sebbene grasso e sovrappeso rimandino a una simile rappresentazione del corpo di una persona, la parola grasso è giudicata offensiva e induce un atteggiamento maggiormente negativo nei confronti di coloro che sono stati appellati in questo modo (Brochu & Esses, 2011). Questi risultati fanno pensare che etichette quali ciccione potrebbero enfatizzare ulteriormente gli effetti negativi sulla percezione del destinatario da parte degli spettatori.

Caso più complesso è quello delle etichette sessiste. I loro effetti sono stati spesso studiati nell'ambito del linguaggio sessista in generale. Recentemente, Fasoli, Carnaghi e Paladino (2013) hanno proposto una differenziazione tra due tipologie di etichette sessiste: quelle denigratorie (ad es., troia) e quelle oggettivanti (ad es., figa, gnocca). Mentre le prime sono ritenute molto offensive e non tollerate, le seconde sono più accettate socialmente. Tuttavia, entrambe danno luogo ad una svalutazione delle donne: quelle denigranti rimandano ad un concetto di immoralità, mentre quelle oggettivanti ad una rappresentazione della donna come oggetto sessuale. Fino ad ora, non sono stati studiati gli effetti di queste due diverse tipologie di etichette sessiste su chi ne è solo spettatore, cioè gli uomini, ma è stato dimostrato che entrambe le tipologie di etichette possono aumentare il sessismo ostile nel destinatario, ossia le donne (Fasoli, 2011). 

Il ruolo del contesto

Abbiamo visto che le etichette denigratorie non sono solo parole ma possono avere un effetto negativo sulle vittime e sul modo in cui gli spettatori percepiscono il destinatario e si comportano nei suoi confronti. È tuttavia lecito chiedersi se queste conseguenze si verifichino sempre o dipendano in qualche modo dalla situazione.

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