Il paradosso legato al consumo di carne: ovvero, come possiamo amare gli animali e al contempo mangiarli.

In una serie successiva di studi, Bastian e colleghi (Bastian, Loughnan, Haslam, & Radke, in stampa) hanno indagato se la negazione dei diritti morali degli animali fa effettivamente sentire meglio coloro che mangiano la carne rispetto alla loro scelta alimentare. Una volta arrivati in laboratorio, ai partecipanti veniva chiesto di mangiare o delle fette di roast beef oppure delle fette di mela. Prima di mangiare il cibo ai partecipanti veniva chiesto di valutare i diritti morali delle mucche. I partecipanti che sceglievano il roast beef e valutavano scarsamentei diritti morali delle mucche, riportavano di sentirsi meno in colpa e di provare meno vergogna riguardo al loro consumo di carne. Questi risultati offrono una visione critica del processo psicologico legato al consumo di carne. Quando viene ricordata l’origine animale della carne, le persone sembrano degradare lo status morale degli animali al fine di ridurre i sentimenti di colpa e di vergogna. Tale denigrazione degli animali da parte di coloro che consumano carne è motivata dai sentimenti negativi provocati dal mangiare un’altra creatura vivente. 

Aspetti cognitivi

La discussione precedente riguardo al consumo di carne, denigrazione e colpa potrebbe far sembrare i lettori onnivori eccessivamente complessi.La maggior parte delle persone non pensa agli animali o avverte disagio quando mangia carne, dal momento che questo comportamento fa parte della vita di tutti giorni. Questo può essero in parte vero e noi suggeriamo che i modi in cui spontaneamente tendiamo a pensare agli animali possa servire ad evitare il paradosso legato al consumo di carne. In altre parole, il modo in cui le persone generalmente percepiscono gli animali è funzionale a mantenere la credenza che  mangiarli non rappresenta un problema da un punto di vista morale.

Quando pensiamo ad uno specifico  animale spesso abbiamo in mente un preciso ‘schema di riferimeto’, cioè abbiamo un preciso schema riguardo al modo in cui vediamo l’animale: il mio cane è un animale da compagnia, il mio cavallo rappresenta un mezzo di trasporto e il mio maiale rappresenta un pasto. Questi schemi di riferimento non sono necessariamente dettati dai miei bisogni: ad esempio riconosco che anche il maiale del mio vicino di casa non è un animale da compagnia e rappresenta carne destinata al consumo. Questa tendenza a collocare gli animali in differenti categorie può avere importanti implicazioni per il modo in cui vengono trattati (Herzog, 2010). La psicologia cognitiva ha da tempo mostrato che appartenere ad una certa categoria evidenzia le caratteristiche rilevanti di tale appartenenza. Applicato agli animali, essere categorizzato come animale da consumo può rendere saliente la quantità e qualità della carne, mentre essere un animale da compagnia può rendere salienti i tratti di personalità. Un recente studio mostra come questi processi di categorizzazione spontanea, non-motivata siano importanti per il modo in cui le persone percepisco gli animali destinati al consumo. Bratanova e colleghi (Bratanova, Loughnan, & Bastian, 2011), hanno mostrato ai partecipanti un animale che non avevano mai incontrato: il canguro arboricolo. Oltre a informazioni di base riguardo l’animale, ai partecipanti veniva detto che i canguri arboricoli sono considerati animali da consumo oppure non veniva fatto alcun riferimento alla possibilità di cibarsi di questi animali. Aspetto importante, nessuno dei partecipanti aveva mai mangiato in precedenza un canguro arboricolo, escludendo così la possibilità che qualcuno di essi potesse essere spinto da motiazioni personali a negare lo status morale di questi animali. Tuttavia, i partecipanti ai quali veniva detto che l’animale veniva regolarmente mangiato, attribuivano significativamente meno diritti morali all’animale in confronto a quei partecipanti ai quali non era stata fatta menzione della possibilità di cibarsi di questo animale. Questi risultati suggeriscono che semplicemente considerando un animale una possibile fonte di cibo, porta a sopprimere i suoi diritti morali anche in assenza di un’esplicita motivazione ad evitare sentimenti di disagio.

Anche il processo di categorizzazione riveste un ruolo importante quando pensiamo alla relazione umano-animale. Prendere in considerazione le differenze fra esseri umani e animali è importante per comprendere la psicologia di coloro che consumano carne dal momento che gli esseri umani – nonostante siano fatti di carne- generalmente non sono considerati commestibili. E’ stato recentemente mostrato come modi diversi di inquadrare la dicotomia umano-animale influenzi il modo di pensare delle persone riguardo ai diritti morali degli aniamli. In una serie di studi, Bastian e colleghi (Bastian, Costello, Loughnan, & Hodson, in stampa) hanno mostrato come le persone impegnate a pensare a ciò che rende gli animali simili agli esseri umani mostravano una maggiore preoccupazione per i diritti degli animali. Tuttavia, questo non succedeva quando le persone si focalizzavano su ciò che rende gli esseri umani simili agli animali. In altre parole, quando gli aspetti umani degli animali vengono enfatizzati la nostra preoccupazione per i loro diritti morali aumenta e la nostra disponibilità a mangiarli diminuisce. In maniera differente, enfatizzare gli aspetti animali degli esseri umani non provoca simili effetti. Questi risultati suggeriscono che destreggiandoci fra i diversi modi in cui tendiamo a vedere la dicotomia umano-animale, possiamo aumentare o diminuire la nostra preoccupazione per i diritti degli animali e la nostra disponibilità a mangiarli.

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