Falchi o colombe? Fiducia e cooperazione nei processi decisionali inclusivi

Ma alla base dei comportamenti cooperativi si pone, essenzialmente, la fiducia: la disponibilità ad accettare una condizione di vulnerabilità nella relazione con l’altro, a partire dall’aspettativa che il comportamento dell’altro non sarà di danno (Rousseau, Sitkin, Burt, & Camerer 1998). In termini psicologici, la fiducia è un particolare livello delle probabilità soggettive con cui un attore valuta che altri compiranno una certa azione; è una teoria circa il comportamento altrui in un’occasione futura, in funzione di affermazioni presenti o passate. Fidarsi implica anche accettare di incorrere nel rischio di non essere ricambiati (Song, 2009). Riprendendo l’esempio riportato in apertura: “Se, come un qualsiasi altro cittadino, io ho fin dall'inizio una qualche fiducia nel mio vicino è perché ritengo di vivere in un contesto sociale amichevole, dove prevale la disponibilità. In caso contrario non prevedo che i miei vicini saranno cooperativi e suppongo che la pulizia del pianerottolo – oltre che all'androne e così via, e sempre che io ami gli spazi puliti – resterà a mio carico (Jervis 2002, p. 225). Insomma, il vicino può non raccogliere il messaggio e non voler cooperare, e in questo caso il protagonista avrà fatto del lavoro in più senza ottenere i frutti sperati, e la sua aspettativa sarà andata delusa. In ogni caso, la capacità della fiducia di stimolare comportamenti cooperativi appare piuttosto marcata. Possiamo generalizzare questo principio all’insieme dei rapporti sociali? Immaginare che esso valga non solo nell’interazione interpersonale, ma anche quando gli attori sono entità collettive, cioè gruppi, organizzazioni, istituzioni, comunità?

Cooperazione e fiducia nei processi decisionali inclusivi

Consideriamo le manifestazioni della fiducia all’interno di un particolare ambito d’azione: quello dei “processi decisionali inclusivi”: questa etichetta include una variegata pletora di situazioni in cui le istituzioni politiche, chiamate a compiere scelte di e nell’interesse collettivo, istituiscono un setting partecipativo in cui gruppi di cittadini e stakeholder (associazioni, imprese, ecc.) sono chiamati a cooperare tra loro e con le istituzioni stesse per la risoluzione di problemi collettivi. Interdipendenza e incertezza, le due condizioni basilari per lo sviluppo della fiducia, costituiscono caratteristiche intrinseche di questi setting. E dunque, come si declina la fiducia in queste pratiche decisionali?

Fidarsi degli sconosciuti

I processi decisionali inclusivi coinvolgono piccoli gruppi di persone, potenzialmente in grado di agevolare l’interazione diretta, le relazioni e gli scambi d’informazioni, facilitare l’espressione dei punti di vista e favorire la comunicazione circolare, facendo sentire le persone relativamente “al sicuro”. Tuttavia, interagire all’interno di un gruppo non è, per gli individui, un comportamento naturale. Mentre la tendenza che spinge le persone, quando si trovano in una situazione non familiare, a cercarne un’altra, è istintiva e immediata, il passaggio che fa transitare i soggetti dalla dimensione di coppia alla dimensione di gruppo non è altrettanto fluido (Trentini, 1997).

Dal punto di vista strutturale, i gruppi che si formano nell’ambito dei processi decisionali partecipati sono costituiti da sconosciuti, chiamati a cooperare, per un tempo breve, in un’attività finalizzata. Nelle situazioni spontanee la fiducia si sviluppa a mano a mano che l’interazione progredisce e le persone imparano a conoscersi. Tuttavia, la fiducia può emergere anche in intervalli di tempo molto brevi: si tratta di una fiducia “rapida” (Meyerson, Weick, & Kramer 1996), che non richiede la presenza di quegli elementi che nella vita di tutti i giorni sono associati allo sviluppo della fiducia reciproca (per esempio la familiarità, la condivisione di esperienze, o il rispetto delle promesse). La fiducia rapida si basa, più che sulla conoscenza degli altri come individui unici e particolari, sulle informazioni che possiamo trarre dal loro ruolo sociale e da alcune caratteristiche generali come il sesso, l’età, la professione. In altri termini, si tratta di una conoscenza superficiale, che fornisce però le informazioni necessarie per consentire alle persone una reciproca apertura di credito. Tipicamente, ciò si verifica quando ci si trova in un contesto ignoto, tra individui sconosciuti; in situazioni di questo genere, in cui si è costretti all’interdipendenza con gli altri, non si si può far altro che accordare la propria fiducia anche correndo il pericolo che venga tradita. Tuttavia, se è vero che la fiducia rapida può formarsi velocemente, essa può ancora più rapidamente disfarsi.

Fidarsi delle istituzioni

Nelle pratiche decisionali di tipo partecipato la fiducia investe non soltanto le relazioni tra i partecipanti, ma anche il rapporto tra i cittadini e le istituzioni politiche. La qualità di tale rapporto, e il grado di affidabilità che lo contraddistingue, influiscono, infatti, sull’atteggiamento con il quale i cittadini si predispongono a cooperare (o a non cooperare) per la soluzione dei problemi collettivi.

Autore/i dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook