Dottor Jekyll o Signor Hyde? Il Ruolo della Moralità nella Percezione Sociale

keywords: moralità, percezione sociale.

Nel capolavoro Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886), Robert Louis Stevenson separa in due distinte identità gli impulsi morali e immorali che convivono all’interno dell’essere umano. Così, da una parte troviamo Jekyll educato, di sani principi e ben inserito nella sua comunità e, dall’altra, Hyde depravato, violento e asociale.

Questa dialettica tra bene e male, tra essere buoni o cattivi, che è centrale sia nella letteratura che in tutto il pensiero filosofico occidentale (Da Re, 2008), non riguarda soltanto la percezione di Sé (Allison, Messick, & Gothals, 1989; Blasi, 1988). Gli esseri umani, infatti, non solo sono impegnati a comprendere quali siano le norme e i principi a cui attenersi per essere “una brava persona”, a ragionare e prendere delle decisioni di fronte a scenari morali, a comportarsi in modo adeguato, ma sono anche profondamente interessati a capire se le altre persone presenti nel proprio contesto sociale sono morali oppure immorali. A questo proposito, la recente letteratura nell’ambito della percezione sociale (si veda glossario) ha sottolineato la centralità della moralità, ed in particolar modo di caratteristiche quali l’onestà, la correttezza e l’affidabilità, nel processo di formazione di impressioni (si veda glossario) interpersonale e su individui che appartengono al proprio gruppo (ingroup) e a gruppi differenti (outgroup). 

 

Moralità: Dimensione fondamentale della percezione 

Nonostante siano ormai numerose le evidenze empiriche sul ruolo della dimensione morale nella percezione sociale, la letteratura psico-sociale ha accumulato un grande ritardo nello studio della moralità (Leach, Ellemers, & Barreto, 2007), soprattutto se confrontata con altre discipline come la psicologia dello sviluppo (Killen & Smetana, 2006) o del ragionamento (Foot, 1967; Thomson, 1985). Com’è possibile che gli psicologi sociali si siano dimenticati della moralità che già Aristotele nella sua Etica Nicomachea (1999; I, 1094a 1-b 11) poneva al vertice delle virtù come bene a cui tutti devono aspirare?

Questo ritardo è dovuto principalmente al fatto che gli psicologi che si sono occupati di capire quali informazioni usiamo quando ci dobbiamo formare un’opinione su altri hanno ritenuto a lungo che le dimensioni fondamentali della percezione sociale fossero solo due. A seconda della tradizione di ricerca considerata, tali dimensioni sono state definite con le etichette di “agency” e “communion”, “potere” e “benevolenza”, “calore” e “competenza” (Abele, Cuddy, Judd, & Yzerbyt, 2008; Asch, 1946; Judd, James-Hawkins, Yzerbyt, & Kashima, 2005; Rosenberg, Nelson, & Vivekananthan, 1968). In accordo con le linee di ricerca più recenti, in questo articolo utilizzeremo i termini “calore” e “competenza” (Fiske, Cuddy, & Glick, 2007). La dimensione di calore comprende quei tratti connessi alle relazioni sociali come onesto, amichevole, simpatico; la dimensione della competenza, invece, include le caratteristiche che attengono alle capacità del target sociale come intelligente, abile, zelante. La centralità di queste due dimensioni nella percezione sociale è determinata dal fatto che esse consentono di rispondere a due quesiti fondamentali per adattarsi bene al mondo sociale e alla vita della propria comunità. Infatti, mentre il calore consente di definire se l’altra persona rappresenti un’opportunità o una minaccia, ovvero se ha cattive o buone intenzioni, la competenza consente di definire se gli attori sociali sono in grado di mettere in atto le proprie intenzioni, benevole o malevole che siano (Fiske et al., 2007). Sebbene sia il calore che la competenza abbiano un ruolo centrale nel definire la percezione degli altri, la ricerca ha altresì dimostrato che il calore sociale ha un peso maggiore nel determinare impressioni e giudizi (Abele & Bruckmuller, 2011; De Bruin & Van Lange, 2000; Ybarra, Chan, & Park, 2001; Wojciszke, 2005; Wojciszke, Bazinska, & Jaworski, 1998). In sintesi, quando dobbiamo capire se un’altra persona ci piace oppure non ci piace, siamo più interessati e influenzati dalla sua simpatia, socievolezza o sincerità piuttosto che dalla sua intelligenza e abilità. 

I modelli di percezione sociale a due dimensioni oltre ad aver ricevuto un vasto supporto empirico sono ‘economici’ e semplici da un punto di vista teorico. Tuttavia, in questo ampio filone di letteratura, le caratteristiche morali (come onesto, sincero, retto) sono confluite nella macro-dimensione di calore insieme alle caratteristiche di socievolezza (estroverso, simpatico, cordiale). Questa visione basata su due fattori omogenei e monolitici al proprio interno non ha permesso di analizzare il contributo specifico della moralità né di stabilire se la primarietà di calore su competenza sia dovuta proprio alla presenza dei tratti morali all’interno di questa dimensione. È stato dunque necessario attendere sessant’anni dalle ricerche pionieristiche di Asch (1946) prima di iniziare a considerare il ruolo distintivo della moralità nella percezione sociale (Leach et al., 2007). 

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