Cosa Determina i Pregiudizi? Gli effetti del Contatto Positivo e del Contatto Negativo

In quest’ottica, Paolini, Harwood e Rubin (2010) hanno condotto due studi per verificare se il contatto negativo possa causare maggiore salienza delle appartenenze di gruppo (si veda glossario) rispetto al contatto positivo. La salienza delle appartenenze di gruppo durante il contatto consiste nella consapevolezza di appartenere a gruppi diversi e delle differenze tra i gruppi, e nel considerare i membri del gruppo esterno come tipici e rappresentativi del loro gruppo. È un processo che favorisce la generalizzazione dell’atteggiamento verso un singolo membro dell’outgroup all’intero outgroup (Brown & Hewstone, 2005), ed è quindi un forte promotore degli effetti del contatto. Nel primo studio di Paolini e colleghi (2010), i partecipanti erano studenti anglosassoni di un’università australiana, assegnati ad una fra tre condizioni sperimentali: contatto positivo, contatto neutro o contatto negativo con uno studente appartenente ad un gruppo etnico di minoranza. Successivamente veniva chiesto loro di descrivere il loro interlocutore. I partecipanti nella condizione di contatto negativo facevano maggiori riferimenti all’etnia dell’interlocutore rispetto ai partecipanti nelle altre due condizioni. Il secondo studio era un esperimento longitudinale (si veda glossario) sul contatto intergenerazionale, in cui studenti universitari statunitensi erano invitati a ricordare un'esperienza positiva o un’esperienza negativa con una persona anziana. I partecipanti che avevano ricordato un’interazione negativa riportavano maggiore salienza delle categorie di età rispetto ai partecipanti che avevano ricordato un’esperienza positiva, sia subito dopo l’esperimento, sia dieci settimane dopo. Considerando che la salienza delle categorie favorisce la generalizzazione degli atteggiamenti all’intero outgroup, una disparità nella salienza causata da contatto positivo e contatto negativo potrebbe creare una disparità di effetti tra contatto positivo e contatto negativo, con effetti più forti del secondo.

Infine, Bekhuis, Ruiter e Coenders (2013) hanno condotto uno studio con studenti olandesi di scuola superiore, analizzando il contatto positivo e il contatto negativo con i compagni di classe di altri gruppi etnici, e gli atteggiamenti xenofobi di tali studenti. Anche in questo studio, il contatto positivo era risultato associato ad atteggiamenti positivi verso gli stranieri, mentre il contatto negativo era legato ad atteggiamenti xenofobi; il confronto tramite test statistici della forza delle due forme di contatto ha comunque dimostrato che la forza delle due forme di contatto era simile.

Un suggerimento molto interessante è stato riportato nella rassegna sul contatto intergruppi di Pettigrew, Tropp, Wagner e Christ (2011): è possibile che le persone che hanno frequenti contatti con membri di gruppi esterni abbiano sia interazioni positive sia interazioni negative con i membri dell’outgroup; anche queste persone, come quelle che hanno soltanto contatti positivi, potrebbero avere bassi livelli di pregiudizio. Tale risultato è stato riscontrato analizzando il contatto di rispondenti tedeschi con stranieri e il pregiudizio verso gli stranieri in Germania (Pettigrew & Tropp, 2011). Riguardo gli effetti additivi di contatti positivi e contatti negativi, è importante menzionare la serie di esperimenti condotti da Birtel e Crisp (2012) usando il paradigma del contatto immaginato. I partecipanti erano studenti universitari inglesi, che erano invitati a immaginare interazioni con membri di vari outgroup (una persona con schizofrenia nello Studio 1, un uomo gay nello Studio 2 e un musulmano nello Studio 3). Ai partecipanti veniva chiesto di immaginare prima un’interazione negativa e poi un’interazione positiva con un membro dell’outgroup, oppure soltanto un’interazione positiva. I tre studi hanno dimostrato che immaginare prima un’interazione negativa e poi un’interazione positiva con un membro dell’outgroup porta ad una maggiore riduzione dell’ansia intergruppi e ad un aumento delle intenzioni di contatto futuro, rispetto all’immaginare solo un’interazione positiva. Gli autori hanno proposto che immaginare prima un incontro negativo e successivamente un incontro positivo con un membro di un gruppo esterno possa agire da meccanismo di riduzione dell’ansia, similmente a come avviene in approcci terapeutici per trattare disordini d’ansia. In tali approcci il terapeuta espone i pazienti a stimoli che evocano paura in un ambiente sicuro, e, una volta attivata la memoria della paura, incoraggia pensieri positivi su tali stimoli (Foa & Kozak, 1986).

Conclusioni

Dalla rassegna presentata appare evidente che per comprendere la natura dinamica dei rapporti tra i gruppi nella società è necessario considerare sia il contatto intergruppi positivo sia il contatto intergruppi negativo, e la loro influenza su pregiudizi, atteggiamenti e comportamenti.

Contesti caratterizzati da diversità e opportunità di contatto possono favorire episodi di contatto sia positivi sia negativi. Gli episodi di contatto intergruppi vissuti come positivi riducono il pregiudizio, mentre quelli negativi lo aumentano. Fortunatamente, nei vari rapporti intergruppi considerati il contatto positivo riportato era più frequente del contatto negativo. Tuttavia, allo stato attuale della ricerca, non è ancora possibile concludere definitivamente quale delle due forme di contatto abbia effetti più forti sul pregiudizio. Appare comunque evidente che il contatto negativo può essere considerato come uno dei fattori che contribuiscono alla persistenza di pregiudizi nella società attuale.

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