Come rendere più umani gli altri gruppi: Effetti del contatto sull’infraumanizzazione dell’outgroup

Un primo tipo di contatto indiretto è il contatto esteso (si veda glossario), proposto da Wright e collaboratori (Wright, Aron, McLaughlin-Volpe, & Ropp, 1997). Secondo l’ipotesi del contatto esteso, sapere che un amico dell’ingroup ha un amico che è membro dell’outgroup è sufficiente per ridurre il pregiudizio (per una rassegna recente, si veda Vezzali & Giovannini, in press). Strategie basate sul contatto esteso hanno numerosi vantaggi, primo tra tutti il fatto che non è necessario un contatto diretto e un singolo membro dell’ingroup con amici membri dell’outgroup può portare a una riduzione del pregiudizio in molti membri del suo gruppo. Inoltre, un contatto indiretto con l’outgroup, tramite un membro dell’ingroup, dovrebbe provocare meno ansia rispetto a un contatto vero e proprio. Considerato che l’ansia intergruppi è uno dei fattori principali alla base del pregiudizio (Stephan & Stephan, 1985), si tratta di un vantaggio non da poco. 

Sebbene il contatto esteso si sia dimostrato estremamente efficace per combattere il pregiudizio (Dovidio, Eller, & Hewstone, 2011), solo due studi ne hanno testato l’efficacia rispetto all’infraumanizzazione dell’outgroup. Andrighetto e collaboratori (Andrighetto, Mari, Volpato, & Behluli, 2012) hanno esaminato il contatto esteso in un contesto post-conflittuale, considerando la relazione tra albanesi e serbi in Kosovo, dove una guerra cruenta legata all’indipendenza del Kosovo dalla Serbia ha incrinato profondamente i rapporti tra i gruppi. Entrambe le comunità, ancora oggi profondamente segregate, hanno subito pesanti perdite di vite umane e sono state oggetto di violenze reciproche. In questo contesto, è evidente come pensare a strategie di contatto diretto costituisca una vera e propria utopia. Gli autori hanno trovato che i partecipanti, studenti albanesi di scuola superiore, non avevano praticamente amici nell’outgroup. Inoltre, una bassa percentuale di partecipanti aveva amici dell’ingroup con amici nell’outgroup. Per questo, si sono studiati gli effetti del contatto esteso tramite i familiari, chiedendo la quantità e la qualità del contatto dei propri familiari (considerati come membri dell’ingroup) con individui appartenenti all’outgroup (prima della guerra, il contesto non era fortemente segregato). I risultati hanno indicato che il contatto esteso (insieme all’identificazione con il gruppo sovraordinato degli abitanti del Kosovo) riduceva l’infraumanizzazione (attribuzione maggiore di emozioni secondarie all’ingroup che all’outgroup). La ridotta infraumanizzazione, a sua volta, portava a una minore “vittimizzazione competitiva” (la tendenza cioè a percepire il proprio gruppo come maggiormente vittimizzato dal conflitto rispetto al gruppo estraneo; Noor, Brown, Gonzalez, Manzi, & Lewis, 2008; Noor, Brown, & Prentice, 2008). Questo studio dimostra dunque che il contatto esteso è una strategia efficace che può sostituirsi al contatto diretto, almeno nelle fasi iniziali di un intervento di riduzione del pregiudizio, in contesti particolarmente segregati e conflittuali.

Vezzali, Giovannini, Capozza, e Trifiletti (2012) hanno condotto uno studio in scuole elementari in Emilia-Romagna con l’obiettivo di verificare se il contatto esteso sia una strategia efficace per ridurre l’infraumanizzazione anche nei bambini e di studiare i processi alla base di tale effetto. Si è anche ipotizzato che gli effetti del contatto esteso siano presenti solo in alcuni partecipanti e, specificamente, in quelli con poco contatto diretto con l’outgroup. Le ricerche presenti in letteratura, infatti, mostrano che se le persone hanno esperienze in prima persona (amici nell’outgroup), si basano su queste esperienze per la formazione dei propri atteggiamenti; se le esperienze dirette sono invece scarse o assenti, gli atteggiamenti si formano sulla base di esperienze indirette, come il contatto esteso (si veda Cameron, Rutland, Hossain, & Petley, 2011; Christ et al., 2010; Vezzali, Giovannini, & Capozza, 2012). I partecipanti erano bambini italiani e immigrati di terza, quarta e quinta elementare. Si è trovato che il contatto esteso (numero di amici del proprio miglior amico che sono membri dell’outgroup) era associato a maggiore empatia (capacità di provare le stesse emozioni) nei confronti dell’outgroup la quale, a sua volta, portava ad una maggiore attribuzione di emozioni unicamente umane (secondarie) ai membri dell’outgroup. Tale effetto, come ipotizzato, non era presente in tutti i partecipanti, ma solo in quelli con pochi amici nell’outgroup.

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