Attribuire una mente a individui e gruppi

Nel contesto della teoria dell’infraumanizzazione (Leyens et al., 2001, 2007), è stato dimostrato che gli individui assegnano una specifica capacità mentale complessa maggiormente ai membri del proprio gruppo. Si distingue tra emozioni primarie ed emozioni secondarie: le emozioni primarie (ad es.,, gioia e rabbia) sono provate sia dagli animali che dagli esseri umani, mentre le emozioni secondarie (ad es., entusiasmo e nostalgia) sono provate unicamente dagli esseri umani. Al fine di definire il proprio gruppo come più umano e relegare gli altri gruppi ad uno status “diversamente umano,” gli individui attribuiscono più emozioni secondarie all’ingroup; non emergono differenze nell’attribuzione di emozioni primarie. Boccato, Cortes, Demoulin, e Leyens (2007) hanno condotto uno studio da cui è emerso che l'infraumanizzazzione dell'altro avviene in modo automatico. In questo studio, i partecipanti eseguivano un compito di categorizzazione di persone (Blair & Banaji, 1996): sullo schermo del computer, apparivano delle foto di volti dell’ingroup (bianchi) e dell’outgroup (neri); ogni foto era preceduta da una parola, che poteva essere un’emozione primaria o un’emozione secondaria. I risultati hanno confermato che i partecipanti erano più rapidi nel riconoscere i volti dell’ingroup, rispetto a quelli dell’outgroup, quando preceduti da emozioni secondarie. Nessuna differenza è emersa nel riconoscimento dei volti quando preceduti da emozioni primarie. 

Più recentemente, Boccato e Capozza (2012) hanno esteso questo effetto anche alle cognizioni. I partecipanti eseguivano un compito di identificazione di nomi: sullo schermo del computer apparivano nomi di persona dell’ingroup (italiani) e dell’outgroup (marocchini); ogni nome era preceduto da una parola, che poteva essere una cognizione primaria (ad es., istinto e percezione) o una cognizione secondaria (ad es., introspezione e analisi). Come nello studio precedente, i partecipanti erano più rapidi nell’identificare i nomi dell’ingroup, rispetto a quelli dell’outgroup, quando questi erano preceduti da una cognizione secondaria o unicamente umana. Nessuna differenza è emersa nel caso delle cognizioni primarie. 

E per quanto riguarda le intenzioni?

Agency e Experience

Nella ricerca in psicologia, si assume generalmente che la percezione di mente avvenga lungo un’unica dimensione, cioè un’entità ha più o meno mente. Gli studi su come gli scimpanzé (Premack & Woodruff, 1978) e i pazienti con autismo (Baron-Cohen, 1995) percepiscano la mente, utilizzano diversi indicatori, ma nessuno riconducibile a dimensioni distinte. Kozak e colleghi (2006), come anche noi in questo articolo, hanno utilizzato tre dimensioni per caratterizzare la mente: emozioni, cognizioni, e intenzioni. Loughnan e colleghi (2010) hanno utilizzato quattro dimensioni: percezioni, emozioni, cognizioni, e intenzioni. Quali dimensioni utilizziamo quando pensiamo alla mente? 

Gray, Gray e Wegner nel 2007 hanno svolto uno studio per rispondere a questa domanda. Più di 2000 persone hanno partecipato allo studio, completando un questionario on-line (prova anche tu: https://research.wjh.harvard.edu/mind/). I partecipanti valutavano le capacità mentali (ad es., la capacità di provare dolore) di diversi target (esseri umani, animali, e altre entità). Dall’analisi dei dati sono emerse due dimensioni di percezione di mente: la capacità di sentire, chiamata “experience” (ad es., dolore e piacere), e la capacità di fare, pianificare, chiamata “agency” (ad es.,, autocontrollo e pianificazione). È emerso, ad esempio, che Dio viene giudicato basso in experience e alto in agency; animali e bambini alti in experience e bassi in agency; un robot basso in experience e moderatamente alto in agency; infine, uomini, donne, e il partecipante stesso (“you”) alti sia in experience che in agency. 

Questa distinzione tra agency e experience sembra rispecchiare dimensioni di giudizio già note nelle scienze sociali. Si pensi alla classica distinzione aristotelica tra agente morale (le cui azioni possono essere giudicate moralmente) e paziente morale (che ha diritti morali). Nel giudizio sociale (Fiske, Cuddy, Glick, & Xu, 2002), si utilizzano le due dimensioni fondamentali: calore (simile a experience) e competenza (simile a agency). Nella teoria dell’infraumanizzazione (Leyens et al., 2001), si distingue tra caratteristiche condivise da animali ed esseri umani (emozioni primarie) e caratteristiche unicamente umane (emozioni secondarie). Nelle più recenti teorizzazioni sulla deumanizzazione (Haslam, 2006), si distingue tra tipicamente umano (ad es., l’emotività) e unicamente umano (ad es., la moralità). 

Parlando di gruppi sociali (Loughnan & Haslam, 2007), la negazione di tratti tipicamente umani porta ad una deumanizzazione meccanicistica (ad es., un manager viene assimilato ad un robot), mentre la negazione di tratti unicamente umani porta ad una deumanizzazione animalistica (ad es., un artista viene assimilato ad un animale). Si può dire lo stesso per agency e experience? Sebbene queste due dimensioni di percezione di mente si siano rivelate utili nelle scienze cognitive e sociali (Waytz et al., 2010), l’attribuzione di agency e experience ai gruppi sociali rimane un tema inesplorato (ma vedi: Waytz & Young, 2012). Attualmente, stiamo conducendo nei nostri laboratori una serie di studi per esaminare come le persone percepiscano la mente di diversi gruppi sociali, e se l’appartenenza ad un gruppo possa moderare l’attribuzione di agency e experience ad ingroup e outgroup. 

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